Chi gira e a chi girano

L'anteprima a Trieste del film Rai sulle foibe "Il cuore nel pozzo", voluto fortemente dal ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri ha suscitato qualche risentimento e molte critiche, ma ha anche consentito a qualcuno di prendersi una rivincita attesa da troppo tempo. Operazione tanto più piacevole in quanto completamente gratuita: il costo del film - 4 milioni e mezzo di euro - è totalmente a carico dei contribuenti, via canone Rai.

Risentimenti. Lasciamo perdere quelli di sloveni e croati: avranno pure cambiato colore politico, saranno pure entrati in Europa, ma nel fondo, restano titini.

0Merita invece una sottolineatura, in quanto doppio, come il brodo, il risentimento di Piero Colussi: "Gli inviti - ha lamentato il consigliere regionale - sono stati rivolti solamente ai consiglieri regionali triestini". Conseguenza, Piero è rimasto a piedi e l'esclusione brucia ancora di più in quanto lui è Presidente della commissione cinema della Regione.
Perchè, Piero, era cinema?

Ma veniamo alle critiche. Scontate, oltrechè interessate, quelle provenienti da sinistra: i comunisti - nelle varianti cripto e alla kryptonite - si aggirano ancora numerosi nelle terre dell'ex Adriatisches Kuestenland.
Oltretutto, che barba questa insistenza sulla falsificazione storica: come ve lo deve dire, il povero Maurizio, che "questo film non è un'opera di valore storiografico".

Di grande interesse invece, perchè da destra, gli appunti rivolti al film dallo storiografo Roberto Menia, che solo il richiamo delle sirene della politica ha potuto strappare alla polvere degli archivi. Nota Menia che "il far dire al partigiano protagonista: 'Con quello che avete fatto voi italiani...' risente del vecchio giustificazionismo di sinistra. Non c'è rapporto tra la snazionalizzazione e le stragi perpetrate dai comunisti".

Che dire poi dell'incredibile superficialità del regista Alberto Negrin, quando fa chiamare i comunisti comunisti e non titini "come vengono chiamati più spesso"?

Polemiche a parte, "Il cuore nel pozzo" ha riscosso un grande successo televisivo: 8 milioni di spettatori. Tanti che alla Gasparri film commission stanno arrivando quintalate di proposte di nuove sceneggiature per altrettanti film di successo da mandare in lavorazione nel caso il centrodestra venisse confermato dalle politiche dell'anno prossimo. Qualche esempio:DA LUBIANA CON FURORE

Mario, alpino veronese classe 1918, reduce da una cocente delusione amorosa a causa di qualche viziosissima ragazza colombiana, parte volontario e partecipa alla vittoriosa campagna per l'italianizzazione della Slavia. Il successo militare non dà però alla testa a Mario, che resta sè stesso, cioè un umile campagnolo veronese e si innamora di Tania, che si spaccia per una contadina slava, ma è in realtà un agente provocatore dei titini. Durante un rapporto occasionale non protetto Tania finge di rimanere incinta. In realtà, il bimbo che porta in grembo è figlio di un partigiano titino che l'ha stuprata durante una pausa di lavorazione di un altro film "Il cuore nel pozzo". Quando l'alpino Mario scopre la verità non può far altro che trafiggere con la baionetta la turpe spia e il piccolo titino che porta in grembo. Decorato con medaglia al merito, Mario non perde però la sua semplicità contadina e non riesce a trattenere una lacrimuccia quando va in onda l'Inno di Mameli.

FACCETTA NERA RELOADED

Mario, alpino veronese classe 1918, reduce da una delusione amorosa a causa di una viziosissima ragazza brasiliana, parte volontario per la campagna d'Africa. Nonostante i successi militari - è promosso caporale - Mario non si monta la testa e rimane un umile campagnolo veronese. In questa veste ha un rapporto non protetto con una sedicente contadina locale, tale Asia, che è in realtà un agente provocatore infiltrato dai guerriglieri etiopi allo scopo di infiacchire il morale delle truppe italiane. Colto da un prurito irrefrenabile, Mario scopre di essere stato raggirato e decide di por fine ai propri giorni per lavare l'onta subìta. Squarcia uno dei contenitori di gas portati in Etiopia per combattere le zanzare e ne sparge il contenuto sul villaggio di Asia. Purtroppo, si dimentica di togliersi la maschera antigas e sopravvive. Non riesce però a sostenere il senso di colpa e precipita in una profonda crisi nervosa che ne rende necessario il rientro in Italia e il ricovero in manicomio. Qui incontra un tale che sostiene di essere il figlio del duce e si rende conto di essere completamente sano.

MADUNINA 2020

Qui il protagonista non è il passato, ma il futuro.
La ripresa aerea ci mostra un panorama desolato, edifici semidistrutti, strade completamente deserte: insomma, genere catastrofico. Ma non siamo a New York: quella che si riconosce chiaramente, in cima a delle guglie, è la Madunina. Già, siamo a Milano. In mezzo a piazza Duomo, un bunker di cristallo, alla cui sommita c'è una torretta munita di cannone spaziale. La cinepresa zoomma lentamente sull'uomo che impugna i comandi. È piuttosto anziano, completamente privo di capelli nelle regioni temporali, ma con un incredibile, rigoglioso, brunissimo fascio di capelli che gli sormonta il cranio e gli scende dalle spalle fino a terra.

La colonna sonora di Morricone si attenua per lasciare spazio alla voce narrante: "Milano 2020, la città è sotto assedio. Le orde comuniste hanno cessato da poco il loro ultimo attacco, seminando morte e distruzione. Un uomo solo resiste ancora saldo al suo pezzo. Ma è solo questione di tempo".
Sullo sfondo, tra le macerie, piccole figure tipo zombie, con colbacchi muniti di stella rossa, avanzano lentamente verso il bunker. Dalla torretta, ogni tanto, uno sparo. Dissolvenza.