Riflessioni sulla violenza

Guido Crainz, "Il dolore e l'esilio. L'Istria e le memorie divise d'Europa", ed. Donzelli.

La storia, Clio dal doppio volto insanguinato, è percorsa dalla violenza.
Il barcollare allucinato del pensiero umano sulla storia, al di là dei luoghi comuni, e che non esiste avvenimento contemporaneo, quando tutto è intriso di passato e non c'è evento che non abbia dentro di sè fitte relazioni con ogni momento del già stato.Così sembra dirci Crainz in questo suo straordinario piccolo libro per cui è pericoloso e furbesco e volgarmente interessato, organizzare come dice Procacci, citato dall'autore, "usi pubblici distorti" di storia e memoria.

Mettere una data per quest'ultima significa, ed è costantemente significato, fuggire dalla infantile e logica domanda: perchè?

Partendo dalla questione "foibe" Crainz illumina velocemente, e sinistramente, gli anni del XX secolo che vanno dall'inizio della seconda guerra mondiale, quando cioè qualcuno ha pensato che fosse risolutivo tagliare con la spada contorti nodi di Gordio che la storia d'Europa aveva intricato dopo il 'risolutivo' trattato di Versailles.

Nella primavera del '45 i nodi, irrisolti nonostante la sanguinosa spavalderia della spada, vengono al pettine ed una feroce guerra civile di popolo affiora e scorre a fianco dell'apparente soluzione politica del conflitto lungo tutti i confini dell'Europa centrale e orientale. Non a caso il commentatore del saggio di Benjamin, "Per la critica della violenza", Solmi, nella edizione einaudiana del '62, annota per il lettore non uso al tedesco, che la parola "Gewalt" che significa "violenza", può anche essere letto come "autorità" e "potere".
I governi risolvono "politicamente" antiche controversie, millenarie o centenarie controversie e i popoli a quelle soggetti reagiscono violentemente, tollerati benignamente dal potere, tacitati o repressi non a seconda la gravità dei casi ma a seconda degli interessi del momento - e gli interessi del momento sono quella polvere nascosta sotto il tappeto che verrà alla luce decenni dopo come drammatici problemi.

In tal modo la pelle di zigrino, in espansione e in recessione della Polonia dalla violenza conquistatrice dell'Ordine teutonico contro gli slavi pagani dapprima e ortodossi poi e del regno di Polonia fino al XVIII secolo come oppressione razziale, religiosa e di classe (i lettori del puskiniano "Boris Godunov" e del gogoliano "Taras Bul'ba" lo sanno) per tutta l'Ucraina fino a Mosca e la successiva oppressione zarista da Caterina fino alla divisione tedesco sovietica del '39, non può non rivelare nell'esplosione di odio antitedesco con forti residui antiebraici nonostante Auschwitz, che ha pure il nome polacco di Oswiecim, che i problemi non affrontati alla radice hanno la tendenza a ricomparire come ulcere nel corpo sociale che, freudianamente e dovunque, 'dimentica'.
Lo stesso vale per i tedeschi dei Sudeti che i cechi e gli slovacchi, oppressi dai fascisti con il benevolo e disinvolto atteggiamento del governo 'democratico' di Benes, opprimono e saccheggiano.

Le foibe sono un momento esemplare del fatto che l'uso pubblico della memoria è ingiusto, nel senso che gli antefatti sono lontani e vanno almeno ricondotti alla feroce repressione antislava attuata dalle squadracce fasciste, conniventi le autorita politiche e militari fin dagli anni 20, e perseverata militarmente dal Regio Esercito come forza occupante della Slovenia e della Croazia.
Senza questo innesco che è di segno razzista e classista nello stesso tempo, ogni spiegazione non ha senso.

La capacità dello storico si dispiega ampiamente anche in campi che generalmente gli storici non frequentano, come la letteratura - straordinaria la capacità dell'arte di cogliere in brevi tratti la complessità del dramma come nella citazione di Marin da "Trieste 1945: "per mile ani i ha sgobào sul Carso..." e nei testi d'altri scrittori: Stuparich, Quarantotti Gambini e Tomizza.

L'esodo è visto, sia pur in tratti sommari - si può dire che questo intenso testo di Crainz sia una sorta di esortazione foscoliana alle "storie" - nella sua tragicità, fra furore, propaganda, indignazione e sgomento.

Crainz documenta dai vari punti di vista la situazione e la riassume con la frase esemplare che non si puo ignorare, mai, "il dolore degli altri".È un civile invito alla riflessione, alla ricerca e al confronto.
Chi scrive dubita che i politici ne sappiano trarre giovamento.

Tito Maniacco, su "Il Nuovo FVG" del 14 Febbraio 2005.