Micaela Coletti e Gino Mazzorana, sopravvissuti alla catastrofe del Vajont


 

 

“Siamo venuti perché a Itoiz non si ripeta il finale della tragedia”

Lo scorso mese di Novembre (2004?, nota di Tiziano Dal Farra) ricevemmo la visita di Micaela Coletti e Gino Mazzorana, (Presidente e vice-presidente del Comitato Sopravvissuti del Vajont). Sono due dei pochi che riuscirono a sopravvivere alla catastrofe originata nel 1963 dalla frana che cadde nel lago artificiale del Vajont e in cui morirono circa 2.000 persone. Una enorme frana di terra e rocce sulla sponda sinistra generó una prima onda che colpi' gli abitati a monte della diga. Una seconda ondata sorvolo' il manufatto e devastó anche Longarone, il primo tra i paesi a valle, dove vivevano - tra gli altri - Micaela, Gino e le loro famiglie.

 

 

1 ) Fu una catastrofe naturale, oppure provocata?

Micaela e Gino non si stancano di ripetere che quel che successe il 9 ottobre del 1963 era stato annunciato precedentemente in diverse maniere. C'era stato piu' di un rapporto tecnico (Ghetti, Semenza) che sconsigliava di continuare il riempimento; c'era un rapporto tecnico (Müller) che quattro anni prima prevedeva una enorme frana sul monte Toc; c'era stata una giornalista (Tina Merlin) che aveva annunciato in piu' occasioni (e per questo denunciata, e quindi assolta) quello che sarebbe successo continuando. La natura, perdipiu', avvisava con rombi, con terremoti, con crepe nel terreno, con frane..
            Micaela e Gino avevano, in quel periodo, 12 e 10 anni. Erano bimbi, e giocavano, come i loro coetanei, nella piazza di Longarone. Non hanno molti ricordi di prima della catastrofe, ma ricordano i terremoti ed i rumori della valle. Gli adulti non cercavano di non parlare, in presenza dei bimbi, dei pericoli del bacino. Sicuramente per non angosciarli, per proteggerli.
            Micaela ricorda una conversazione tra i suoi genitori pochi giorni prima della catastrofe: sua madre intendeva portare i bambini altrove, in salvo dal pericolo del lago. Ma alla fine il padre, che lavorava alla diga, preferì che rimanessero tutti a Longarone. Per morire uniti. Perse i genitori, una sorella e la nonna. Non furono mai ritrovati. Andò a vivere da una zia, dopo tre mesi passati in ospedale.           

            Gino perse la famiglia intera, genitori ed un fratello di tre anni. La salma della madre fu rinvenuta a 12 km, quella di suo padre, dopo 40 giorni. Ricorda che teneva per la mano suo fratello, ma la forza dell'onda glie lo strappo' via. "Lo ritrovarono tre giorni dopo, e perché dissi loro dove probabilmente cercarlo". Gino lo trassero da sotto il fango a 300 metri dalla casa, presso gli scalini del municipio.

2) Cosa successe il giorno della catástrofe?

            Micaela e Gino erano da tempo in casa, alle 10.39 della notte. Avevano passato il pomeriggio nella piazza.
             Micaela ricorda il rumore come di un grande treno, come se migliaia di persiane cadessero contemporaneamente in un sol colpo. Ricorda che la luce andò via e che il suo letto si ripiegò imprigionandola. Ricorda la sensazione di precipitare in un pozzo senza fine.
             Gino ricorda di aver afferrato la mano del fratello di tre anni, ma gli sfuggì. Ricorda di aver visto, appena salvato dal fango, la vettura del padre, e che pensò - subito - che non sarebbe mai tornato a rivederlo.

3) Quanti vi morirono?

Duemila vittime, e un centinaio di sopravvissuti. Tra di essi, Micaela e Gino. La maggior parte delle famiglie di Longarone scomparvero totalmente. Alcune, come quelle di Gino e Micaela, distrutte per sempre, spezzettate. E molte infanzie restarono marchiate da quel momento a causa del trauma di quel dì, come se fosse successo ieri.

4) Qualcuno ha pagato, per questo crimine?

            Il Vajont è un esempio lampante di fin dove puo' arrivare l'impunità dei poteri pubblici. I politici operano con negligenza e premeditazione sapendosi al riparo di ogni conseguenza politica o penale. I politici operano in difesa degli interessi delle grandi imprese (idroelettriche o costruttrici) e a loro poco importa delle vite umane.

  • Nel Vajont nessun politico pagò mai per questo crimine. Né un politico statale, né un locale. Di fatto, quasi l'intero consiglio comunale - sindaco G. Celso e consiglieri - peri' nella catástrofe. Morirono confidando nei "tecnici" e nella Amministrazione statale.
  • Nessun responsabile della SADE (Societa'Adriática di Elettricità), l'impresa privata responsabile della costruzione dell'opera - poi trasmigrata nell'Ente pubblico statale ENEL - fini' in carcere. Solo tre suoi "tecnici" di secondo piano vennero imputati. Uno di essi si suicidò la vigilia del processo, ed un altro morì di morte naturale nel corso del processo. Solo uno di essi, raggiunse il banco degli imputati. Fu condannato a 6 anni (di cui tre subito condonati, dal giudice) e scarcerato dopo 18 mesi, per "buona condotta".
  • Morirono 2.000 persone, ed un solo responsabile rimase in carcere un anno e mezzo: questo, fu il prezzo che pagarono i responsabili della strage.
Una scritta che individua i responsabili, tuttora visibile in vecchia Erto. Alla fine, nessuno pagò per l'assassinio di 2.000 persone.

5) C'è stata almeno una riparazione morale, per i Sopravvissuti?

            Uno dei concetti piu' ripetuti da Micaela e Gino è che essi non hanno colpa per essere sopravvissuti. I poteri pubblici li hanno maltrattati, emarginati ed oltraggiati per 42 anni (fino ad oggi 2007, nota di Tiziano Dal Farra!. Paradossalmente, oggi Micaela e Gino stanno in questo istante ..."dalla parte" dei poteri locali che li oltraggiarono....).
            In primo luogo perché la tragedia venne considerata come «catastrofe naturale» e per questo le indennizzazioni ricevute dai sopravvissuti sono state umilianti (appena 3000 euro equivalenti, nel caso di Micaela e Gino ad esempio, per aver perso tutto).
E se questo fosse ancora poco, li hanno oltraggiati recentemente distruggendo loro il cimitero (2004) dove onoravano i loro familiari e lo hanno "sostituito", SENZA CONSULTARE i sopravvissuti, con un monumento impersonale, e dove le lapidi NON COINCIDONO con le spoglie.
Micaela e Gino insistono a sottolineare che i poteri pubblici «li preferirebbero morti, poiché in questo momento sono testimoni scomodi di una strage» che poteva (e DOVEVA, nota di Tiziano Dal Farra) essere EVITATA.

Era così, "prima". Questa era - purtroppo - la "riproduzione" del vero paese di Longarone.
Le lapidi originali, accatastate. Ma molte sono state frantumate dalle ruspe, il primo giorno.
il "nuovo", impersonale e freddo. Sembra piu' un parcheggio, senza nemmeno piu' le croci.
(Nessun superstite ci va piu')

 

6) Cosa possiamo fare, a Itoiz?

Micaela e Gino, una una volta conosciuta (forse da me nel 2003?, nota di Tiziano Dal Farra. Feci loro avere l'indirizzo della "Coordenadora de Itoiz", il loro comitato "gemello" di protesta.) la zona ed il problema di Itoiz, hanno insistito sul fatto che non vogliono che qui noi si debba passare quello che han sofferto loro. Credono tuttavia che siamo ancora in tempo. Credono che i politici - dal sindaco di Aoiz, fino al ministro dell'Ambiente - debbano conoscere di prima mano quanto successe al Vajont poiché da essi dipende che una catastrofe non abbia a ripetersi ad Itoiz. Affermano che non possiamo rassegnarci, e che dobbiamo fare tutto quello che è in nostro potere per non dover soffrire lo stesso epilogo del Vajont.

 

Il Comitato fu ricevuto nel municipio di Aoiz a cura dei consiglieri di opposizione. Il sindaco diede a mostrare segni di nervosismo e intolleranza.
Micaela e Gino han raccontato la loro storia a Saragozza, a Iruña e ad Aoiz.

 

7) Cosa potrebbe fare, il municipio di Aoiz?

            Come han detto bene Micaela y Gino, sono i politici a poter e DOVER evitare la catastrofe. Hanno insistito sul fatto che se all'epoca il sindaco ed i consiglieri di Longarone avessero dato importanza ai segnali della natura ed ai rapporti che sconsigliavano il riempimento del bacino* (* = ma che nessuno, a parte la SADE all'epoca conosceva, nota di Tiziano Dal Farra. Per Itoiz invece si conoscono "prima" del disastro.), oggi non staremmo a parlare della morte di duemila esseri umani. Né tantomeno parleremmo della sofferenza di Micaela, Gino e del resto dei sopravvissuti e superstiti del Vajont.
                      

    • Visitala, la frana del monte Toc.

"Questa storia non successe tanto lontano. Ma le storie passano, ed il tempo lavora a favore dei CRIMINALI. Dovresti venire, almeno una volta nella tua vita, a mettere i piedi sopra a questa frana. È la conseguenza della gestione di tecnici e politici che hanno agito come una banda di criminali e sono responsabili morali e materiali della strage che ne è seguita. NON FU, NON E', una "catastrofe naturale" e le migliaia di morti che ha causato avrebbero potuto essere evitate.

Torna a rimettere i piedi sulla frana e tenta di accettarlo, se puoi. Piu' tardi, ancora meglio, tu potrai essere uno di quelli che raccontano questa storia, la diffondono e faranno il possibile affinché si eviti che in qualche luogo del mondo essa possa tornare a succedere".

 

 

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