Prefazione di Gian Antonio Stella


«Io lo sapevo che a fare questo mestiere c'era il rischio di essere scoperti, comunque è accaduto». Così Marco Paolini racconta gigione il grande successo popolare, arrivato di colpo, dopo anni di gavetta, la sera che gli capitò di raccontare in tivù «una storia pubblica, la storia di quella montagna piombata alle spalle di una diga, su in una valle delle Alpi». E chi se la dimentica, quella sera di ottobre del 1997 in cui Rai Due mandò in onda "Vajont".
Lui, una grande lavagna, qualche vecchio filmato in bianco e nero, una vecchia sciagura sepolta negli archivi. I maghi dell'audience non avrebbero avuti dubbi: fiasco annunciato. Fu invece un trionfo. Sbalorditivo. L'irruzione di un modo tutto nuovo, o forse antichissimo, di fare teatro.

A un certo punto, ricorda ridendo Paolini, « qualcuno ha pensato di aver trovato un nuovo esperto di catastrofi. Dopo aver declinato l'invito di vari quotidiani e settimanali nazionali a scrivere in occasione di ogni cosa che ci è capitata dopo, m'è arrivata anche una serissima richiesta-partecipazione da una importante università americana, Yale, dove dei giovani studiosi mi pregavano di intervenire a un convegno di esperti di catastrofi italiane». Professor Marco Paolini!

È il destino dei grandi giullari, gli unici a saper fondere il comico e il tragico, l'essere chiamati a testimoni di cose per le quali non bastano più le parole del politico, del sociologo, dello scienziato, dello storico, del giornalista. Marco ha preso la cronaca di una tragedia, l'ha smontata, scomposta e rimontata dimostrando che la realtà è un copione unico e impareggiabile. Quel copione, però, bisogna saperlo leggere. Tutti hanno visto, all'osteria, lo sfaccendato omino coi baffi che si mette alle spalle dei giocatori come fosse lìdi passaggio e se ne resta lìper ore. Paolini gli dà vita: « Siediti! » « No, vado via subito...» « Cavati il cappotto! » «No, vado via subito... » E lì il genio: un fascio di luce e hai davanti tutta la scena.

Forse nessuno in questi anni, a teatro e nelle piazze e in televisione, ha saputo fotografare l'Italia come Marco Paolini. Anzi: nessuno ha saputo ricucire meglio due pezzi della nostra storia. Quella che abbiamo vissuto ieri e quella che stiamo vivendo oggi, che della prima è figlia. Il gioco è tutto l’: nel recuperare frammenti della nostra memoria collettiva, delle nostre gioie, dei nostri dolori, delle nostre emozioni, e farli rivivere per aiutarci a capire «come» siamo diventati quelli di oggi. Un lavoro sottile. Garbato. Ironico. Pieno di tenerezza.

Certo, qualche lettore non veneto faticherà a capire certi passaggi. Ma il veneto Paolini, per raccontare le sue storie, non poteva che usare quell'italiano contaminato dal dialetto che si parla nella sua terra. Chiesero un giorno al grande scrittore egiziano Nagib Mahfuz, il primo arabo a vincere il Premio Nobel per la letteratura nel I988, se non sentisse il bisogno di uscire un po' dal suo piccolo mondo condensato nel romanzo Vicolo del Mortaio. Rispose di no: «C'è chi vede il mondo come il vicolo sotto casa sua, e c'è chi nel vicolo sotto casa sua vede l'intero mondo».

Per questo il «Corriere della Sera» ha scelto di distribuire ai suoi lettori un cofanetto con larga parte delle opere del grande attore e scrittore bellunese. Perché quello di Paolini è un grande ritratto collettivo della provincia trevisana, cioè del Veneto, cioè del Settentrione, cioè dell'Italia dagli anni del boom in qua. E la storia di tutti noi, veneti e non. La storia, ha scritto il napoletano Erri De Luca (paragonando i monologhi di Marco a quelle serate in «una cucina dove d'inverno si sta a prolungare la cena, assorbire l'ultimo calduccio mettendosi a sentire un parente, un ospite che ha dote di paroia»), che serve «a uno che vuol mettere l'orecchio sulla terra e vuole sentire l'andatura degli anni che abbiamo attraversato».

Tutto vero, salvo un dettaglio: i racconti degli Album discendono dritti dritti non dalle chiacchiere serali nelle vecchie cucine ma dai «filò». Cioè dall'antica tradizione contadina, soprattutto veneta e friulana, di radunarsi le sere d'inverno nella stalla, il locale più caldo della casa, dove il nonno, il papà o uno zio istrione raccontavano ai bambini seduti incantati sugli scagni e alle donne che filavano, leggende e storielle e aneddoti. Come quelli raccolti in libri un tempo noti nelle campagne venete (e oggi rintracciabili nelle librerie degli emigrati in Brasile o in Argentina) come "Le aventure de Anzoleto Spasimi e de Frich-Froch". Dove l'autore spiega: «El fato che ve conto ze vero, autentico, genujn, che no ghe ne zonto una, gnente de mio; basta dire che dal principio ala fine la ze tuta na fiaba, che me contava me nona la sera... ».

Di questa nostra storia collettiva ricostruita da Marco Paolini, il «Corriere» ha deciso di distribuire i DVD e i libretti con i testi di Vajont e I-TIGI a Gibellina. 'Racconto per Usticà con la ricostruzione della tragedia e dei misteri del DC9 Itavia caduto (meglio: abbattuto?) il 27 giugno 1980 e gli Album per un totale di sei uscite. Cosa siano gli Album lo lasciamo spiegare a lui: «Gli Album sono stati la palestra, la nave scuola, il mezzo per imparare a raccontare. Sono storie autobiografiche di un mio coetaneo alter ego di nome Nicola che nel '67 faceva il chierichetto, nel '70 recitava Bertolt Brecht, nel '75 giocava a rugby coi lacrimogeni nelle piazze. Poi parte e comincia a viaggiare... ».

Ci trovi tutto. La colonia marina coi bambini «in crisi di astinenza» che all'apparire di due genitori urlano in coro «Mamma! Papà! » e la consapevolezza di come sia «terribile a otto anni il rischio di passare per un bambino agli occhi dei coetanei». E la sgangherata generosità dei tanti ragazzi che si precipitano a dare una mano a Gemona dopo il terremoto in Friuli. E il viaggio in comitiva su un vecchio furgone Transit verso la Cecoslovacchia (obiettivo la cena al buffet della stazione di Brno) con la scoperta che l'Austria non è per niente corta da attraversare: « Se la prendi di sbieco, l'Austria, non finisce mai! ».

E poi, dato che di Album si tratta, ci trovi una collezione di irresistibili «figurine».
Come certi preti: «Don Tarcisio parlava molto e sputava molto. Io e Cesarino facevamo così le nostre gare di devozione. Cercavamo di stare più vicino possibile al pulpito e non perdevamo una predica. Le falische volavano... Chi prendeva più sputi sul viso era più devoto. Proibito asciugarsi, perché l'avversario potesse controllare... Durò un anno e non ricordo chi vinse, perché eravamo tutti e due piuttosto devoti, all'epoca». O certi rivoluzionari smontati nell'irruenza da quella cadenza veneta troppo dolce per la guerra, cosìche il gagliardo «Compagni! Alla lotta! » si ammoscia in «Compagni! A 'a 'ota! ». O certi intellettuali come Gianvittorio: «La nostva è una vealtà filtvata, mediata! Il civcolo cultuvale non nasce da una vealtà opevaia ma da una società piccolo bovghese! ». O ancora certe bariste dal cuore d'oro e dalla cucina pesante fin dall'alba: «Jole, dammi un caffè! ». «Ciapa 'na bela fetta de musetto caldo coi crauti, che tira su anca le gambe da drio, caro! »

Per non dire di storie indimenticabili come quella del rugby o del viaggio in America con partenza da Lubjana, o della recita di Carmelo Bene sotto un teatro tenda, delle bottiglie di birra scura infettate col Guttalax, del treno che passava interrompendo il Vate e...
Ma basta, adesso. Meglio lasciar parlare lui.

paolini e la diga


Nota dell'editore Einaudi

È un «lieto evento», Marco Paolini racconta... Un «lieto evento» editoriale.

Sei appuntamenti proposti ai lettori del Corriere della Sera.
Sei appuntamenti che nell'insieme danno un'idea precisa del teatro, e del lavoro straordinario di Marco Paolini. Il risultato di uno sforzo congiunto di Jolefilm, Corriere della Sera e Giulio Einaudi editore. Chi seguirà i sei appuntamenti troverà prima di tutto 'Vajont', che è molto più di uno spettacolo.
È qualcosa rimasto nella coscienza civile del nostro Paese, un modo esemplare di raccogliere memoria e farla vivere nell'unico modo in cui ha senso, ovvero nel presente e nella vita di ciascuno. C'è poi I-TIGI, su quello che per tanto tempo è stato un mistero italiano, ovvero Ustica: Paolini ci ha aiutato tutti ad avere meno misteri e più lucidità nelle nostre vite. (Il racconto presentato in questa collana ha una versione differente da quella pubblicata nel 2001 da Einaudi, che vedeva la partecipazione di Giovanna Marini e del suo quartetto vocale: è la trasposizione cinematografica dello spettacolo portato in vari teatri, girata nel suggestivo Cretto di Alberto Burri a Gibellina con la regia di Davide Ferrario).

Le quattro uscite successive riguardano gli Album di Marco Paolini. Sono storie visive e televisive ma hanno anch'esse origine nel teatro, in quegli Album che, a detta di molti, sono il «cuore» del teatro di Paolini, e che l'autore ha portato per tanti anni in giro per l'Italia, migliorandoli sempre. Il complemento, più narrato e sorridente, del teatro di diretto «impegno civile », quello di "Vajont" e "I-TIGI" per intenderci. Sono una grande storia collettiva italiana, un modo per ripercorrere ancora una volta nella memoria gli anni che abbiamo alle spalle e ricavarne un senso.

La collana si compone di una serie di DVD accompagnati da un libro. C'è un momento per guardare e vedere (il DVD è uno strumento ideale per tornare a guardare e vedere, per andare a piacimento nei punti che più ci hanno colpito, la prima volta); e c'è un momento per leggere. Due momenti diversi: per questo ogni libro non è un puro accompagnamento del DVD ma è concepito come un testo autonomo che permette a sua volta di tornare con il pensiero a ciò che si è visto, di farlo «precipitare» meglio nella memoria. In questi libri alcuni estratti dai copioni dello spettacolo, ricchi sempre di una propria poesia e godibilità, sono uniti a interventi che meglio esplicitano il «lavoro collettivo» di tante persone. C'è sempre il lavoro collettivo dietro e dentro il teatro di Marco Paolini.

marcoSono passati sei anni dal primo incontro tra Marco Paolini (e i suoi collaboratori) e la Einaudi. La prima edizione di Vajont 9 ottobre '63. Orazione civile, questo il titolo completo, uscito in cofanetto nella collana «Stile libero» accompagnato dal libro Quaderno del Vajont, è infatti del 1999. Fu da subito un grande successo in libreria. Seguirono negli anni il Bestiario italiano, magnifica «ballata» dove le lingue poetiche dei dialetti d'Italia diventano spettacolo puro e gioia, con il libro 'I cani del gas', che uscirà anche da solo nel 2002. Fu la volta poi di 'I-TIGI', 2001, scritto con Daniele Del Giudice, pubblicato insieme al Quaderno dei Tigi. Nel 2003 esce un nuovo cofanetto del Paolini più « segreto», per dir così: 'Questo radichio non si tocà (con il libro Mappa Mondo. Il teatro di Marco Paolini, di Fernando Marchiori): è un prezioso sguardo sul work in progress, il modo di costruirsi, del teatro di Marco.
È del 2004 il cofanetto che comprende il DVD con i cinque episodi di Report. Teatro civico, accompagnato dal libro dei copioni originali. Un nuovo successo, una nuova stagione.
Nel 2005, infine, escono i due cofanetti che comprendono l'intera serie televisiva (andata in onda su Rai Tre) degli Album di Marco Paolini (Volume 1 e Volume 2), con l'aggiunta di «speciali»; e dei libri con tutti i testi originali degli Album televisivi.

Come si vede, un lavoro imponente, amato da un pubblico in continua crescita che vede nel lavoro dell'autore, considerato un interprete vero del suo tempo, e nella sua traduzione editoriale un punto alto di consistenza poetica, artistica, civile.


FONTE: il DVD + libro "Vajont", edizione allegata al "Corriere della Sera", dicembre 2005