0<p class="MsoBodyText3"><font size="2" face="Verdana">La diga di Chixoy venne costruita nel 1982 in Guatemala, nell’area dove i Maya Achì avevano vissuto per centinaia di anni. Più precisamente nel dipartimento dell’Alta e Bassa Verapaz, una regione dove abitavano circa 75.000 Maya di lingua Achì.<span style="mso-spacerun: yes"> </span>Il progetto idroelettrico fu portato avanti durante la dittatura militare in Guatemala e nel mezzo della violenta guerra civile che opponeva l’esercito alla guerriglia. Un conflitto che durante il governo di Rios Montt ha fatto più di 200.000 vittime civili solo tra il 1980 e il 1984.</font></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><font size="2" face="Verdana">I finanziamenti per il progetto arrivarono rispettivamente dalla <b>Banca Interamericana di Sviluppo</b> nel 1976 per 106 milioni di dollari e dalla <b>Banca Mondiale </b>nel 1978,<span style="mso-spacerun: yes"> </span>per 72 milioni di dollari. Successivi 14 miliardi di lire giunsero dalla <b>cooperazione italiana</b> come credito d’aiuto per il mantenimento della galleria di El Jute, costruita, come tutta l’opera, dall’impresa italiana <b>Cogefar</b>, oggi <b>Impregilo</b>.</font></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><font size="2" face="Verdana">L’obiettivo era quello di sviluppare una fonte abbondante d’energia pulita e sicura. In un periodo di profonda crisi economica le grandi dighe venivano usate per tagliare gli alti costi dell’acquisto di petrolio.<span style="mso-spacerun: yes"> </span>Ma al di là degli intenti ufficiali la diga si rivelò<b> una condanna a morte per la comunità di Rio Negro</b> che viveva sulle sponde del Rio Chixoy e la causa di 22 anni di sofferenze per i sopravvissuti e le 6.000 persone che vivevano lungo i<span style="mso-spacerun: yes"> </span>50 km di fiume in cui oggi si trova il bacino artificiale.</font></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify;tab-stops:-2.0cm -1.0cm -.05pt 28.25pt 56.55pt 84.9pt 113.2pt 141.5pt 169.85pt 198.15pt 226.5pt 254.8pt 283.1pt 311.45pt 339.75pt 368.1pt 396.4pt 424.7pt 453.05pt"><font size="2" face="Verdana">La sua costruzione, infatti, fu pesantemente influenzata dalla strategia di “terra bruciata” dell’esercito e dalla politica di reinsediamento forzato adottata dalla giunta militare per controllare la guerriglia attraverso i cosiddetti “villaggi modello militarizzati”. Si instaurò un clima di terrore e di intimidazione che condusse il governo e i militari ad identificare coloro che si opponevano alla costruzione della diga come gruppi rivoluzionari o di supporto alla guerriglia.</font></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><font size="2" face="Verdana">Prima del completamento della diga e del reinsediamento delle persone, tra il febbraio e il settembre 1982, gli squadroni della morte trucidarono più di 400 uomini, donne e bambini di Rio Negro, in uccisioni individuali o di massa. Ufficialmente gli attacchi furono definiti dal governo come attività di contro-insurrezione. Il riempimento del bacino iniziò nel gennaio del 1983, subito dopo il massacro finale: le persone fuggirono via e il villaggio di Rio Negro venne abbandonato. Gli scampati trovarono rifugio sulle montagne ma furono ben presto condotti nel villaggio modello di Pacux, dove i sopravvissuti risiedono tuttora sotto controllo dell’esercito.</font></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify;tab-stops:-2.0cm -1.0cm -.05pt 28.25pt 56.55pt 84.9pt 113.2pt 141.5pt 169.85pt 198.15pt 226.5pt 254.8pt 283.1pt 311.45pt 339.75pt 368.1pt 396.4pt 424.7pt 453.05pt"><font size="2" face="Verdana">Nel febbraio del 1999 la Commissione per il Chiarimento Storico, creata sotto gli auspici ONU dopo gli accordi di pace del 1996 per indagare sui massacri di civili durante la guerra, ha <b>classificato la violenza di Rio Negro come</b> <b>genocidio</b>, secondo l’art.11 della Convenzione sul Genocidio del 1948. Nel processo di ricostruzione degli eventi la Commissione ha significativamente incluso il reinsediamento forzato tra le cause volontarie di eliminazione della comunità di Rio Negro.</font></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><font size="2" face="Verdana">Tre <b>missioni di verifica condotte dalla Campagna per la Riforma della Banca Mondiale</b> nel<span style="mso-spacerun: yes"> </span>1999, nel 2002 e nel 2003 hanno riscontrato che la situazione a Pacux e nei villaggi limitrofi è oggi molto peggiore di quella di partenza: la terra da coltivare data come compensazione, scarsa, coperta di pietre e senza irrigazione, si è rivelata inadatta per i due terzi. La situazione era così drammatica che per anni INDE fu costretta a distribuire il cibo per la sopravvivenza.</font></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify;tab-stops:-2.0cm -1.0cm -.05pt 28.25pt 56.55pt 84.9pt 113.2pt 141.5pt 169.85pt 198.15pt 226.5pt 254.8pt 283.1pt 311.45pt 339.75pt 368.1pt 396.4pt 424.7pt 453.05pt"><font size="2" face="Verdana">L’arrivo a Pacux non ha posto fine alla violenza. Che è andata avanti per molti anni. Il villaggio è oggi il rifugio forzato delle vittime dei massacri, più che un progetto di sviluppo nazionale. La sua popolazione è composta in maggioranza da vedove ed orfani che continuano a subire minacce per le loro attività di informazione sui danni provocati dalla diga.</font></p> <h1 style="text-align:justify"><span style="mso-bidi-font-weight:normal"><font size="2" face="Verdana">Ma la diga è stata utile?<o:p> </o:p> </font></span></h1> <h1 style="text-align:justify"><span style="font-weight:normal"><font size="2" face="Verdana">I benefici sull’economia nazionale del Guatemala, a fronte di un indebitamento estero enorme, furono quasi nulli. La diga non ha mai operato al di sopra del 70% della sua capacità prevista e la sedimentazione attuale ha ristretto le capacità di efficienza futura del 50%. La mancanza di valutazioni d’impatto ambientale all’epoca della costruzione ha avuto effetti negativi sull’ecosistema e sulle comunità della zona. L’area è completamente deforestata ed è addirittura cambiato il ciclo delle precipitazioni annuali.<o:p> </o:p> </font></span></h1> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><font size="2" face="Verdana">La diga è risultata un disastro anche dal punto di vista finanziario: non copre il fabbisogno energetico nazionale, mentre sono spesi ancora 150 milioni di dollari l’anno per l’acquisto di energia elettrica dall’estero. Otto milioni sono invece erogati annualmente per il mantenimento strutturale, mentre solo il 30% della popolazione del Guatemala ha accesso all’energia elettrica.</font></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify;tab-stops:-2.0cm -1.0cm -.05pt 28.25pt 56.55pt 84.9pt 113.2pt 141.5pt 169.85pt 198.15pt 226.5pt 254.8pt 283.1pt 311.45pt 339.75pt 368.1pt 396.4pt 424.7pt 453.05pt"><font size="2" face="Verdana">Il debito estero del Guatemala è cresciuto sostanzialmente, con la popolazione che paga ancora oggi i costi reali di tutta l’operazione. L’INDE nel 1991 aveva 40 milioni di dollari di debiti, e il 45% dell’intero debito estero del Guatemala era dovuto alla costruzione della diga di Chixoy.</font></p> <h4><font size="2" face="Verdana">Il ruolo della Banca Mondiale</font></h4> <p class="MsoBodyText3" style="tab-stops:-2.0cm -1.0cm -.05pt 28.25pt 56.55pt 84.9pt 113.2pt 141.5pt 169.85pt 198.15pt 226.5pt 254.8pt 283.1pt 311.45pt 339.75pt 368.1pt 396.4pt 424.7pt 453.05pt"><font size="2" face="Verdana">Le direttive della Banca Mondiale sul reinsediamento forzato prevedono il ripristino degli standard di vita e delle capacità di guadagno delle persone, ma questo non avvenne nel caso di Rio Negro. INDE non riconobbe i diritti dei sopravvissuti alla terra né delle nuove famiglie che risiedono in appezzamenti divenuti ormai incapaci di contenere le nuove generazioni.</font></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><font size="2" face="Verdana"><b>Per più di venti anni la questione delle compensazioni è stata completamente dimenticata dalle Banche Multilaterali e dai governi che finanziarono la diga, dal governo del Guatemala e dall’INDE.</b> Solo nel giugno del 1996, dopo una denuncia di Witness for Peace, la Banca Mondiale ha svolto un’indagine concludendo che la comunità non fu mai adeguatamente risarcita. Nel 2000 INDE è stata privatizzata e oggi non riconosce gli impegni assunti nei confronti delle popolazioni di Chixoy.</font></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><font size="2" face="Verdana">La Banca Mondiale, più volte sollecitata dalla Campagna per la riforma della Banca mondiale e da le altre organizzazioni che sostengono le comunità, non ha mai ammesso alcun tipo di responsabilità per gli eventi accaduti, ignorando oggi sia le promesse stabilite dagli accordi degli anni ‘80 sia le responsabilità secondo il diritto internazionale e per il rispetto dei suoi stessi standard. La Banca è accusata di essere stata a conoscenza degli eventi e di aver continuato a finanziare la diga, macchiandosi quindi di complicità nei delitti ad essa associati.</font></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><font size="2" face="Verdana">Inoltre la Banca mondiale non ha svolto il ruolo di monitorare l’effettivo svolgimento dei piani di reinsediamento e compensazioni che le competeva. Infine l’istituzione non ha mai resi pubblici i documenti relativi agli accordi con l’INDE e le imprese costruttrici che contenevano le promesse di compensazione, né i documenti di monitoraggio durante la costruzione della diga, che potrebbero dare informazioni molto utili alle comunità locali.</font></p> <h4 style="tab-stops:35.4pt"><font size="2" face="Verdana">La campagna internazionale per le riparazioni per il caso di Chixoy</font></h4> <p class="MsoNormal"><font size="2" face="Verdana">L’impatto della costruzione della diga sulla cultura e l’economia tradizionale dei Maya Achì di tutta la regione è stato enorme ma il processo di compensazioni parzialmente riaperto nel 1996 ha addirittura peggiorato la situazione.</font></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><font size="2" face="Verdana">Nel 1998 è iniziata una campagna internazionale per chiedere il risarcimento delle comunità. Campagna che è condotta dalle stesse comunità locali - che nel frattempo si sono organizzate nella <i>“Coordinadora de comunidades affectadas por el embalse de Chixoy”</i>-<span style="mso-spacerun: yes"> </span>e da<span style="mso-spacerun: yes"> </span>alcune organizzazioni non governative internazionali (in Italia da CRBM). Le richieste concernono l’assunzione della responsabilità per i massacri e per le devastazioni sociali ed ambientali perpetrate da parte dei finanziatori della diga, e il risarcimento e le restituzioni di quello che è stato tolto alle comunità. La coalizione ha richiesto alla banca mondiale di finanziare <b>uno studio indipendente per la valutazione dei danni</b>, incontrando però in merito il rifiuto dell’istituzione. Dal 2002 CRBM raccoglie fondi per finanziare e svolgere in maniera indipendente questo studio. Le prime conclusioni saranno pubblicate entro la fine del 2004 e saranno la base per le negoziazioni con la Banca mondiale.</font></p> <p class="MsoNormal" style="text-align:justify;tab-stops:-2.0cm -1.0cm -.05pt 28.25pt 56.55pt 84.9pt 113.2pt 141.5pt 169.85pt 198.15pt 226.5pt 254.8pt 283.1pt 311.45pt 339.75pt 368.1pt 396.4pt 424.7pt 453.05pt"><font size="2" face="Verdana">I criteri concordati nel 1980, in un clima di terrore ed intimidazione, non sono infatti più sufficienti. Vanno oggi ridefiniti in accordo con le direttive attuali della Banca mondiale, della legislazione internazionale sul genocidio e delle convenzioni, firmate dal Guatemala, sui diritti delle popolazioni indigene.</font></p> <h4 style="tab-stops:35.4pt"><font size="2" face="Verdana">Gli eventi del settembre 2004 : occupazione della diga, avvio delle negoziazioni e del primo processo</font></h4> <p class="MsoNormal"><font size="2" face="Verdana">Dopo venti anni di promesse mancate l’8 settembre 2004 circa 2000 indigeni Maya Achì hanno <b>occupato pacificamente</b> l’impianto idroelettrico della diga di Chixoy.</font></p> <p class="MsoBodyText" style="margin-right:0cm"><font size="2" face="Verdana"><span style="mso-bidi-font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT">La protesta della comunità Maya Achì, durata 36 ore, ha sortito un importante risultato. I rappresentanti della comunità hanno siglato un primo accordo con l’INDE, la compagnia elettrica guatemalteca, la missione permanente della Nazioni Unite in Guatemala e il locale dipartimento sui diritti umani del Ministero della Giustizia. Nel documento si stabilisce che l’INDE riesaminerà la propria documentazione su Chixoy, impegnandosi a velocizzare l’adempimento degli obblighi che ancora ha riguardo alle pratiche di reinsediamento. Inoltre l’INDE verificherà l’esistenza di un accordo di reinsediamento tra le comunità e la Banca mondiale, provvederà a rendere pubblica tutta l’eventuale documentazione e si adopererà per <b>la costituzione di un tavolo di negoziazione</b> di cui dovranno far parte rappresentanti delle comunità impattate dalla diga di Chixoy, del governo, della stessa INDE, della Banca mondiale, della Banca Interamericana di Sviluppo, del Ministero dell’Energia guatemalteco e della Union Fenosa (società privata spagnola che è subentrata all’INDE nella distribuzione dell’energia elettrica in Guatemala). Purtroppo però a seguito delle proteste due dei dimostranti sono già stati licenziati dalla INDE e che la stessa INDE sta iniziando a denunciare alle autorità pubbliche alcune persone. <o:p> </o:p> </span></font></p> <p class="MsoBodyText" style="margin-right:0cm"><font size="2" face="Verdana"><span style="mso-bidi-font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT">Negli stessi giorni le comunità hanno presentato <b>una petizione alla Commissione Inter-americana per i diritti dell’Uomo</b> (disponibile su richiesta presso CRBM).<o:p> &nbsp; </span></font></p> <p class="MsoBodyText" style="margin-right:0cm"><font size="2" face="Verdana"><span style="mso-bidi-font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT">Il 19 ottobre 2004 si e' tenuta la prima, storica, udienza <span style="font-size:8.0pt;mso-bidi-font-size:12.0pt; font-family:Verdana;mso-fareast-font-family:&quot;Times New Roman&quot;;mso-bidi-font-family: &quot;Times New Roman&quot;;mso-ansi-language:IT;mso-fareast-language:IT;mso-bidi-language: AR-SA">presso il tribunale di Baja Verapaz del processo intentato contro i responsabili del terzo dei massacri di Rio Negro (13 marzo 1982). <span style="font-size:8.0pt;mso-bidi-font-size:12.0pt; font-family:Verdana">Chiaramente gli sviluppi del processo sono molto attesi, ma e’ gia’ un successo che si sia arrivati fino a questo punto, dopo ben dieci anni di lotte. Val la pena ricordare che negli anni della guerra civile guatemalteca i massacri perpetrati furono ben oltre 600 e che finora in nessun caso si era arrivati ad un procedimento penale. La speranza e’ che dopo tanto tempo si possa finalmente fare giustizia.<span style="mso-spacerun: yes">&nbsp; </span><o:p> </o:p> </span></span></o:p> </span></font></p> <p class="MsoBodyText"><b><span style="mso-ansi-language:IT"><font size="2" face="Verdana">Il ruolo di CRBM<o:p> </o:p> </font></span></b></p> <p class="MsoNormal"><font size="2" face="Verdana">La CRBM che da anni sostiene attivamente le istanze degli indigeni<span style="mso-spacerun: yes"> </span>di Choxy sta attualmente lavorando con loro per l’effettiva istituzione e funzionamento del tavolo di negoziazioni e stà organizzando<span style="mso-spacerun: yes"> </span>attività di lobbying<span style="mso-spacerun: yes"> </span>durante gli incontri annuali della Banca mondiale del<span style="mso-spacerun: yes"> </span>2004.</font></p> <p class="MsoBodyText"><font size="2" face="Verdana"><span style="mso-bidi-font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT">Negli anni passati la CRBM ha accompagnato rappresentanti della comunità di Rio Negro in vari contesti internazionali per denunciare gli avvenimenti e le responsabilità della Banca Mondiale. Nel 1999 il caso è stato presentato alle consultazioni della Commissione<span style="mso-spacerun: yes"> </span>mondiale sulle grandi dighe” a cui era stato assegnato il compito di definire i nuovi standard sulla costruzione delle dighe nel mondo e di pronunciarsi sul tema delle compensazioni.<span style="mso-spacerun: yes"> </span>Nel 2000 al gruppo di Lavoro sulle Popolazioni indigene delle Nazioni Unite.<o:p> </o:p>

FONTE: www.crbm.org/



A saperla, la storia del Vajont, dallo stringato trafiletto della foto emergono le stesse dinamiche usate dalla SADE per gli espropri ad Erto.
La sola differenza è che a Chixoy le "forze dell'Ordine" hanno meno scrupoli: si spara e si torturano (oggi) gli "ertani resistenti". E quando va loro bene è la galera.
Leggi della storia di Carlos e della sua gente qui
http://www.rightsaction.org/

e qui http://www.rightsaction.org/urgent_com/

Altre info sul progetto di Chixoy (in inglese): http://www.irn.org/

</span></font></p>

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