20Agosto 1961
Tre fotografie di una gita. Uscite da un cassetto, documentano l'escursione di un gruppo di cittadini di Pagnacco (Udine) al costruendo "lago artificiale" del Vajont e connessi. All'epoca, non esistendo ancora la provincia di Pordenone, l'invaso si trova 'naturalmente' in provincia di Udine.
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L'annotazione a matita sul retro recita: «20-8-1961 Centrale elettrica di Longarone»
"La centrale di Soverzene, tra le più importanti in ambito continentale, è intitolata ad Achille Gaggia, presidente della Sade (Società Adriatica di Elettricità) che portò a termine l'opera. L'impianto, progettato nel 1939, sfrutta l'energia del sistema dell'Alto Piave, Boite, Maé in Cadore a Valle di Pelos. I lavori di costruzione iniziarono nel 1942, ma furono interrotti a causa del conflitto mondiale. Per questo motivo la centrale è entrata in esercizio solo dal 1950. Gli edifici all'esterno sono stati realizzati a gradoni in modo da inserirsi armoniosamente nel paesaggio circostante. Dopo l'ingresso si attraversa una galleria, ornata da un mosaico raffigurante il sistema "pilotato" della centrale. L'accesso alla sale delle turbine è decorato con un affresco che rappresenta gli operai durante l'edificazione. La volta della galleria, invece, è stata affrescata con scorci tiepoleschi eseguiti da Walter Resentera. Dal punto di vista tecnico, l'impianto è situato in caverna ed ha la sua sala macchine a quota 398,00 m s.m. La centrale è attrezzata con quattro gruppi turbina Francis-alternatori ad asse verticale da 60 MVA. In una sala in caverna, adiacente alla sala macchine, sono sistemati quattro gruppi trasformatori; ciascuno di questi è costituito da tre trasformatori monofasi di 21 MVA connessi 'a triangolo' sul lato primario, mentre sul secondario possono essere connessi tanto 'a triangolo', per l'esercizio in parallelo sulla rete a 132 kV, quanto 'a stellà (con neutro 'a terra') per l'esercizio in parallelo sulla rete a 220 kV! FONTE: http://www.enel.it/eventi/cortina/atusove.asp?menu=21 | ||
L'annotazione a matita sul retro recita: «20-8-1961 Veduta dall'alto della diga verso Longarone»
Al centro dell'abitato visibile, la stazione ferroviaria.Tra poco piu' di due anni, questo panorama (e la vita in valle) sarà completamente diverso, e per sempre. Incredibile, mostruoso, criminale che nessuno delle maestranze SADE o delle autorità delle forze dell'ordine (asservite ad uno "stato nello Stato") abbia MAI avuto scrupolo di preoccuparsi della sottostante Longarone. Eppure, per i sei anni di costruzione, espropri, spadroneggiamento, omertà, speculazione, essa era pure - letteralmente, e quotidianamente - SOTTO i loro OCCHI. Come dice ad un certo punto Paolini, nel monologo: "Bastardi. Brutti bastardi...".Da bellunese, da TESTIMONE, lo estendo volentieri anche ai fans Sade ODIERNI, con o senza fascia da sindaco. A quelli, per capirci, che si "danno da fare" per "mantenere e onorare la Memoria", ai carrieristi sul Vajont, NEL Vajont. Ai Perpetuatori della Vergogna, agli Stupratori della Memoria, colpiti da uno strano Alzheimer precoce. Come ebbi a scrivere sullo scomparso sito web www.vajont.net, "in realtà la SADE non si è MAI MOSSA da queste valli" e i fatti - e le (ri)Fondazioni longaronesi - vedi le pagine 2003/2004 - fino a prova contraria lo dimostrano. Questa è la maggiore e piu' evidente prova provata che il disastro non ha insegnato proprio nulla. Meglio, ha insegnato invece ad allevare con successo generazioni, legioni (regioni?) di BASTARDI, lazzaroni, ipocriti, politicanti (e di pennivendoli da taschino). La congiuntura berluscoide, l'impudenza di questi apostoli ha prodotto perfino un loro 'club privè onlus', che ha sede - non a caso - alla Fiera di Longarone. Oggi come allora (informarsi) a spese del contribuente. A mio giudizio, il cenacolo dei Giuda, se mai ve n'è stato uno. Una riabilitazione della SADE, l'oscena ciliegina sulla TORTA, cicicamente (spudoratamente) addirittura definita 'Onlus'... (Tutti i particolari in cronaca). | ||
3
febbraio - quindicesimo rapporto geologico di Müller sulla frana del Toc. 13
febbraio - nella seduta del Consiglio provinciale di Belluno, viene votato
all'unanimità un ordine del giorno in cui si dà mandato alla Giunta di
prendere contatti con i Ministri competenti per predisporre tempestivamente
tutte le misure di sicurezza per garantire l'incolumità delle popolazioni nella zona del bacino del Vajont.
21
febbraio - nuovo articolo di Tina Merlin su "l'Unità" dal titolo "Mentre
si lascia alla SADE la possibilità di sottrarsi agli obblighi di legge, una
enorme massa di 50 milioni di metri cubi minaccia la vita e gli averi degli
abitanti di Erto".
10
aprile - relazione Caloi: rispetto alla precedente relazione del 1959-60,
secondo Caloi la roccia si è frantumata, con un enorme decadimento delle
proprietà elastiche della roccia del versante sinistro, che da solido e
compatto, nel giro di un solo anno, sarebbe divenuto minutamente fratturato: un
fenomeno senza precedenti nella letteratura tecnica, a detta dello stesso Caloi.
Tale relazione non viene mai fatta leggere al professor Müller, che viceversa
era stato informato della precedente e rassicurante relazione di Caloi.
10
aprile - quarta visita della Commissione di Collaudo, in base alla quale Penta
e Sensidoni dichiarano che gli spostamenti sul fianco sinistro sono andati
attenuandosi fino ad annullarsi e che non è da temere un serio aggravamento
della situazione per un aumento del livello del lago (CM 104).
15
aprile - visita di Penta al bacino, mentre l'acqua è sotto quota 600 e si sta procedendo alla costruzione del by-pass. La situazione è tranquilla: «È da ritenere pertanto che nelle condizioni attuali e sempre che il livello del lago si mantenga attorno alle quote attuali non sussistano immediati pericoli» (ASC
49).
20
aprile - lettera di Carlo Semenza all'ingegner Vincenzo Ferniani: «Ella può
immaginare il mio stato d'animo in questa situazione. [...] Dopo l'abbassamento
del livello del serbatoio, probabilmente anche a causa del freddo sopravvenuto,
i movimenti sul fianco sinistro si sono praticamente arrestati e credo che fino
a che il livello sarà tenuto basso non sarà il caso di avere nuove
preoccupazioni. Ma cosa succederà col nuovo invaso? [...] Non le nascondo che
il problema di queste frane mi sta preoccupando da mesi: le cose sono
probabilmente più grandi di noi e non ci sono provvedimenti pratici adeguati.
[...] I professori Dal Piaz e Penta sono piuttosto ottimisti: tendono a non
credere che avvenga uno scivolamento in grande massa e sperano (anch'io lo
spero!) che la parte mossa si sieda su se stessa. Sono entrambi d'accordo su
ogni provvedimento di sicurezza. [...] Dopo tanti lavori fortunati e tante
costruzioni anche imponenti, mi trovo veramente di fronte ad una cosa che per le
sue dimensioni mi sembra sfuggire dalle nostre mani» (CP A1 14-5).
5
maggio - alle interrogazioni del Presidente del Consiglio provinciale di
Belluno, avvocato Da Borso, risponde Benigno Zaccagnini, ministro dei Lavori
Pubblici, che parlando della frana del 4.11.1960 sostiene che si tratti di «roccia
continua, omogenea e di sicura stabilità» (CP A1 17). Il Ministro rassicura Da
Borso scrivendogli che «in linea generale mi pare che quel terreno stia fermo e
possa dar luogo solo a frane superficiali del materiale di riporto» (CP 77).
Tutt'altro che rassicurato, Da Borso decide di andare personalmente a Roma per
ottenere maggior chiarezza. Al ritorno a Belluno «è costretto a confessare che
a Roma è come battere la testa contro un muro, perchè "la SADE è uno stato nello Stato"» (MERL 80 e 87).
10
maggio - La galleria di sorpasso è ultimata. La SADE domanda l'autorizzazione
a riprendere l'invaso sperimentale e proseguire fino a quota 660.
19
luglio - lettera dell'ingegnere SADE professor Indri al professor Augusto
Ghetti dell'Istituto di Idraulica dell'Università di Padova e responsabile della ricerca commissionata dalla SADE al CIM di Nove. Nella lettera vengono
specificati i criteri con cui devono essere condotte le prove sul modello. La
SADE vuole difatti conoscere l'entità dell'onda creata dal crollo di una frana, dell'ordine di 20-40 milioni di metri cubi, con invaso a quote comprese tra i 680 ed i 720 m. s.l.m. Le prove prevedono che, secondo l'interpretazione degli ingegneri SADE degli studi di Müller, si tratti di due frane distinte e che si stacchino prima l'una e poi, di conseguenza, l'altra. Come materiale di frana impiegato nell'esperimento viene scelta prima la sabbia, poi - una volta
verificato che la sabbia bagnata non è adatta allo scivolamento - ghiaia, in ciottoli arrotondati. In un primo momento, per tener ferma la ghiaia sul
tavolato che simula il piano inclinato del Toc, vengono incernierate delle
tavole di legno: al momento di effettuare le prove, le tavole di legno provocano
onde più alte della ghiaia stessa. Viene deciso di eliminare le tavole e
trattenere la ghiaia con reti di canapa, prima in caduta libera per gravità, quindi accelerata dalla spinta di un trattore. (PAS 37-38)
25
luglio - tre deputati DC bellunesi interpellano il ministro dei Lavori
Pubblici sui rischi del bacino, rischi resi evidenti dalla costruzione della
galleria di sorpasso: il Ministro chiede al presidente della IV° Sezione una
risposta e questi chiede una relazione a Pancini, ingegnere alle dipendenze
SADE. Significativa la risposta offerta dalla società: la galleria di sorpasso serve perchè la frana del 4 novembre ha riempito un tratto della gola, dividendo così il serbatoio in due parti (PAS 29).
agosto-settembre -
vengono ultimati i quattro piezometri sulla sponda sinistra del Toc: si
tratta di tubi di acciaio infissi nel terreno attraverso fori/sonda,
raggiungendo profondità comprese tra 167 e 221 metri. I piezometri assolvevano
a due funzioni: controllare il livello dell'acqua dentro la roccia e verificare
se la frana era superficiale o profonda: nel primo caso lo spostamento di uno
strato superficiale di terreno avrebbe rotto i tubi, incastonati a grande
profondità; nel secondo caso, i tubi avrebbero continuato a funzionare, a
conferma che la frana toccava uno strato molto profondo di terreno e roccia,
superiore alla profondità raggiunta dai piezometri stessi. Uno dei quattro tubi
va subito fuori uso, mentre gli altri tre, fino al giorno della frana, non si rompono nè subiscono deformazioni.
1
agosto - Frosini, presidente della IV° sezione del Consiglio Superiore dei
Lavori Pubblici, va in pensione ed è sostituito dall'ingegnere Curzio Batini, capo del Servizio Dighe, responsabile ultimo delle autorizzazioni per gli invasi.
19
settembre - al CIM giungono in visita il
professor Giovanni Padoan, che ha sostituito Greco alla presidenza del Consiglio
Superiore dei Lavori Pubblici, e l'ingegner Curzio Batini. Insieme a loro, il
vicedirettore generale della SADE, ingegner Marin e lo staff della diga:
Semenza, Biadene, Tonini, Pancini, Dal Piaz. Ad essi viene mostrato un
esperimento 'addomesticato', una simulazione con meno ghiaia, «per non mostrare onde eccessive» (PAS 38-9).
5
ottobre - la SADE domanda di poter raggiungere quota 680.
16
ottobre - con decreto del prefetto di Udine, la SADE è autorizzata ad occupare
permanentemente tutti gli immobili che le servono per completare la strada di
circonvallazione sul versante sinistro del bacino (MERL 83), espropriando di
fatto tutti i proprietari dei terreni.
17
ottobre - quinta ed ultima visita della Commissione di Collaudo e parere
positivo alla ripresa dell'invaso, per quanto nel verbale si legge «Non si può
escludere che con l'aumento dell'invaso la frana si rimetta in movimento» (ASC
51).
19
ottobre - senza attendere l'autorizzazione, la SADE riprende l'invaso (SGI
154-5).
31
ottobre - muore Carlo Semenza. Lo sostituisce l'ingegnere Alberico Biadene.
Eccetera. VAI all'ARCHIVIO DOCUMENTI VAJONT
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