Per CAPIRE IL VAJONT, e ristabilire correttamente la verità STORICA, consiglio a chi lo vuole di cercare questo libro, da cui è tratta questa pagina:

L'anonima DC. Trent'anni di scandali, da Fiumicino al Quirinale

di Orazio Barrese e Massimo Caprara
Finestre sul '900 italiano: tra guerra fredda e anni di piombo - Anni '70
Storia del crimine organizzato in Italia - Mafia dei colletti bianchi


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   Dalla quarta di copertina:



«Forchettoni, vandali, corvi, avvoltoi» sono le etichette che la pubblicistica e la denuncia delle sinistre hanno affibbiato per oltre trent'anni, per tutto il corso della restaurazione capitalistica, ai responsabili dei maggiori scandali nazionali che venivano scoperti con le mani nel sacco. Gli autori di questo libro ricostruiscono l'occupazione del potere da parte della DC e i più gravi fenomeni degenerativi di lucro estorto e di corruzione che hanno coinvolto uomini e gruppi del partito dominante, centri economici pubblici e privati, banche e poteri dello Stato.
Una folla d'affaristi, profittatori, portaborse, guardaspalle e prestanomi di ministri, alti prelati, amministratori pubblici, generali e alti magistrati; un sottobosco di favori, protezioni, concessioni, benefìci indebiti occupano le pagine di questo libro con un crescendo che punta sempre più alto.
Dai primi scandali a ridosso degli anni Quaranta-Sessanta (monsignor Prettner che ricicla valuta attraverso i canali del Vaticano; il Giuffrè "banchiere di Dio", che incamera miliardi per le "opere di religione"; la grande casata dei conti Torlonia che s'impingua ulteriormente vendendo le "zolle d'oro" di Fiumicino), si arriva poi agli sfrontati profittatori di Stato (Trabucchi, il ministro delle banane e poi del tabacco messicano).

Vajont+GIOVANNILEONEMan mano, si sale ai "grandi elemosinieri", che dal torbido giro internazionale del petrolio gonfiano le tangenti per i partiti al governo (Valerio, Cazzaniga); si passa attraverso gli sportelli bancari dei santuari del capitale, custoditi da fiduciari di ferro della DC (Arcaini, Ventriglia); si tocca la complice "delinquescenza" dei boiardi di Stato (Cefis, Einaudi, Petrilli, Girotti); si transita nelle ville dei "robbery barons", i baroni ladri delle commesse militari (i fratelli Lefébvre D'Ovidio, Crociani), per sfociare nel gran mare, agitato da correnti in lotta, degli uomini politici coinvolti, da Andreotti a Fanfani, Cossiga, Zaccagnini, Colombo, Rumor, Preti, Tanassi, Gui fino all'apoteosi oscena del presidente Leone.
Questo libro solleva qualche lembo dietro gli "omissis" imposti al testo del rapporto della commissione del Congresso Americano (commissione Pike) che ha indagato sui finanziamenti della CIA agli uomini politici e ai partiti di vari paesi compresa l'Italia, riaprendo in tal modo il dibattito sulle dirette responsabilità del più alto vertice istituzionale.

Orazio Barrese, già redattore di politica estera di "Paese Sera", è stato per sei anni inviato speciale del quotidiano "l'Ora" di Palermo di cui è attualmente redattore capo e corrispondente da Roma. È autore de "I complici. Gli anni dell'antimafia" (Feltrinelli 1973) e del volume su Mancini (Feltrinelli, 1976).

Massimo Caprara è stato per circa dieci anni segretario di Togliatti e uno dei primi redattori della rivista "Rinascita". Sindaco di Portici e deputato di Napoli per quattro legislature, nel 1969 ha fatto parte del gruppo fondatore del "Manifesto". È stato collaboratore e poi redattore capo del "Mondo" e successivamente inviato speciale dell'«Espresso» e del settimanale "Tempo".
È autore del volume "I Gava" (Feltrinelli 1975).


Prima edizione: giugno 1977
Copyright by Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano

Feltrinelli Editore, 1977 - 293 pagine


0Dal luglio del 2003 raccolgo, riordino e pubblico "documentazione Vajont"; e dal 2004 anche reati di sindaci e ex-sindaci longaronesi (e non) e quelli del loro avvocato + socio + testimonial paniz - e ove ritengo occorrano le mie relative opinioni/nozioni - per un preciso obbligo MORALE; e quindi
delle ovvie, previste, puntuali, immancabili querele di questi ZEBEDEI me ne impipo altamente (rapporto costi/benefìci) da


  *(SITO «DE-PANIz Z I Z zATO»)*

FUMATE MENO PORCHERIE, PANIIIZZZ....
- Art. 1 = i paniz hanno ragione.
- Art. 2 = i paniz hanno *SEMPRE* ragione.
- Art. 3 = nella remotissima *ipotesi (lo dice il NOME! e pure l'aggettivo, cazzo!) contraria* ... entreranno immediatamente in vigore gli Art. 1, e 2 !


E adesso stàmpati anche questa, caro ...
(sta' buono, te la spiego poi in aula)

(dal capitolo: I saccheggiatori)

"La città con la camicia di forza": così in un'inchiesta di Ruggero Zangrandi e Mario Benedetti23 viene raffigurata Roma nel 1958. È vero: intorno alla città c'è un'immensa "cintura nera" di proprietà fondiaria.
La Santa Sede, in proprio o attraverso le Sacre congregazioni e i vari istituti religiosi, possiede circa 58 milioni di metri quadrati di terreno edificatorio, dei quali circa 15 milioni all'interno del vecchio piano regolatore del 1931.
A circa 10 milioni e mezzo di metri quadrati ammontano nello stesso periodo i terreni edifìcabili di Vaselli, ad oltre 9 milioni e mezzo quelle dei Lancellotti, ad oltre 7 milioni quelle dei Gerini. Si spiega così perché la città si espanda non secondo precise direttrici, bensì a "macchia d'olio", creando strutture urbane caotiche e disumanizzanti. E' il periodo in cui l'Immobiliare vaticana fa affari d'oro, come dimostra una clamorosa inchiesta dell'Espresso cui farà seguito un ancor più clamoroso processo conclusosi, ovviamente,..con la condanna del giornale.
I danni provocati alla città fino dall'inizio degli anni 50 dalle giunte Rebecchini, Tupini, Cioccetti sono incalcolabili e non soltanto sotto l'aspetto urbanistico. Il Comune, infatti, assume a proprio carico le opere di urbanizzazione delle aree nelle quali l'Immobiliare o le grandi imprese edilizie decidono di costruire, col risultato che le aree moltiplicano il loro valore. Il cittadino viene tassato per far lucrare centinaia di miliardi di sovrapprofitti agli speculatori e per pagare una casa, in affitto o in proprietà, a prezzi abnormi. Nella speculazione urbana, che richiama dalla provincia vaste masse in cerca di lavoro, si rinsalda l'alleanza tra il capitalismo industriale e la rendita fondiaria, attraverso una stretta integrazione dei processi di formazione della rendita e del profitto". Tutto ciò spiega come l'edilizia pubblica economica e popolare abbia sempre avuto scarsa incidenza sul totale del costruito in Italia. La politica del settore, anche attraverso una serie di agevolazioni fiscali e tributarie e di prestiti e mutui a tasso agevolato, è stata rivolta al sostegno dell'iniziativa privata speculativa. Il caso della GESCAL, l'ente per le case ai lavoratori, è tra i più aberranti. Gran parte dei circa 600 miliardi della GESCAL depositati nelle banche, denaro dei lavoratori, viene diarottato verso l'impresa privata,

« Con grande vantaggio delle banche e della GESCAL, che mentre ha ricavato 40-50 miliardi di interessi ufficiali, ha ricevuto almeno 5 miliardi di interessi occulti, al di là di quelli consentiti dagli accordi intercambiari, cioè fuori cartello e fuori dalla contabilità ufficiale dell'ente, i quali nella migliore delle ipotesi sono andati a finanziare un qualche gruppo politico.25 »
Non è un caso, quindi, che nel 1963 la DC arrivi a sconfessare il proprio ministro dei Lavori pubblici, Fiorentino Sullo, che aveva preparato un disegno di legge urbanistica; e che la riforma urbanistica, che doveva costituire l'elemento più qualificante degli accordi di centro-sinistra, non vada mai in porto.
Alla periferia ci si comporta come al centro. Pochissimi sono i Comuni che approntano i piani regolatori (e quelli che li fanno in genere li violano sistematicamente) e così le città crescono nel disordine più assoluto, provocando costi sociali enormi. Secondo l'architetto Cesare Mercandino, ad esempio, l'espansione sbagliata di una città come Milano costa circa tremila miliardi all'anno.26
È ovvio, allora, che il settore edilizio sia costellato di scandali. E molti sono clamorosi. Basti pensare al massacro delle colline di Napoli, Posillipo e il Vomero, svolto dalla coalizione di destra, agli sventramenti della città, alle costruzioni illegali, anche sotto l'aspetto formale. Il 20 dicembre 1967 una commissione nominata dalla giunta comunale elenca l'impressionante bilancio di quell'anno: 11 voragini, 25 crolli totali, 3 frane, 8 sprofondamenti, 3911 dissesti vari edilizi e stradali, 9 morti, 27 feriti. È una storia di crolli, di dissesti, di frane, di morti, nella quale si inserisce una vicenda autenticamente gialla, di cui si ha notizia sul finire del '68. Si scopre infatti che al Comune è stata manomessa la prima tavola del piano regolatore del '39 che risulta difforme da quella depositata al Ministero dei lavori pubblici. Il colore verde intenso, cioè di zona vincolata, è stato trasformato in giallo sabbia, ossia di zona sottratta a qualsiasi prescrizione. In tal modo l'iniziativa privata può appropriarsi delle aree di Pianura, Soccavo, Fuorigrotta, Camaldoli, Chiaiano, Ponticelli, Capodimonte e di una parte della zona di Barra.

Eppure la rivista della Provincia diretta dal DC Antonio Gava prende posizione a favore del falso: "Un violento ed insanabiile daltonismo ha fatto sì che alcuni funzionari del piano regolatore abbiano sempre considerato verde un chiarissimo giallo..".27
Su questa vicenda viene aperto un procedimento giudiziario contro ignoti che si conclude con un nulla di fatto, nonostante l'impegno del giudice istruttore dottor Sapienza. Se a Napoli si manomettono le mappe, a Palermo il piano regolatore viene falsificato per consentire sconcertanti convenzioni con privati e il regolamento edilizio violato per favorire il costruttore Francesco Vassallo, un ex carrettiere divenuto miliardario grazie agli appoggi in Comune, ai rapporti col sindaco Salvo Lima, ai prestiti concessigli dal presidente della Cassa di Risparmio, l'ex sindaco ed ex senatore de Gaspare Cusenza, suocero del futuro ministro Giovanni Gioia. Le obiezioni presentate al piano regolatore da mafiosi come Nicolo Di Trapani, Paolo Bontà, Carmelo Vitale vengono sistematicamente accolte. La speculazione edilizia fa si che le cosche mafiose si affrontino tra di loro in pieno centro cittadino, lasciando sul terreno decine di morti e feriti. Dopo il 1959, quando il Comune adotta il piano regolatore, il fenomeno della speculazione edilizia con Salvo Lima sindaco e Vito Ciancimino assessore ai lavori pubblici assume livelli parossistici. Tra il 1959 e il 1963 l'80 per cento delle 4.205 licenze edilizie viene assegnato a cinque prestanome, due dei quali. Salvatore Milazzo e Michele Caggeggi, distaccano gli altri di molte leghe. Milazzo ha infatti ben 1563 licenze, Caggeggi 701. E l'assegnazione è tanto più scandalosa in quanto Giuseppe Milazzo risulta ufficialmente esercitare l'attività di muri-fabbro e Michele Caggeggi quella di venditore di mercerie e carbone. Il 30 luglio 1961, l'assessore regionale socialista Filippo Lentini dispone un'inchiesta sull'assessorato ai lavori pubblici di Palermo. Tuttavia ancor prima che venga dato il via all'indagine c'è chi si assume il compito di penetrare nel municipio e di manomettere le pratiche delll'ufficio del piano regolatore.

Le responsabilità della DC palermitana nella speculazione edilizia e nella guerra mafiosa della città sono fuori discussione. Il PCI sostiene che il sistema di potere politico mafioso di Palermo fa capo ancora a Giovanni Gioia, luogotenente di Fanfani per la Sicilia. E tuttavia la maggioranza democristiana della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia ignora del tutto il ruolo di Gioia nella vita della città e cerca un capro espiatorio: Vito Ciancimino, che negli anni '70 dopo un lungo periodo di sudditanza a Gioia abbandonerà la corrente fanfaniana e cercherà di sistemarsi comodamente in un'altra corrente DC. A Vito Ciancimino, il presidente della commissione antimafia, il democristiano Luigi Carraro, dedica un lungo capitolo della relazione conclusiva, costruita con tale abilità che il nome dell'ex sindaco di Palermo Salvo Lima è solo casualmente citato senza peraltro essere posto in relazione ad alcun fatto specifico. Incurante del ridicolo, Luigi Carraro arriva al punto di ignorare totalmente il nome di Giovanni Gioia.28

Le responsabilità della Regione siciliana retta dalla DC sono palesi anche nel massacro urbanistico di Agrigento, reso possibile da un elastico regolamento edilizio approvato il 31 marzo 1955 e ratificato il 18 marzo 1958 dall'assessore regionale ai Lavori pubblici, Rosario Lanza, di concerto col presidente della Regione, Giuseppe La Loggia. Dice infatti l'articolo 39 di tale regolamento: "L'altezza massima (dei fabbricati) è fissata in 25 metri, salvo deroghe speciali..". È, questo, un modo di istituzionalizzare le eccezioni. La deroga, la cui concessione spetta all'assessorato regionale allo sviluppo economico, non viene negata a nessuno. La chiede, ed ovviamente l'ottiene, anche una cooperativa della quale fanno parte il presidente del Tribunale e un questore. L'assessore regionale Attilio Grimaldi autorizza, ad esempio, la costruzione di un edificio alto metri 47,60, per il quale sono stati negativi i pareri di tutti gli organi tecnici, con la motivazione che esso costituirà una degna "cornice alla Valle dei Templi".

È una pratica quanto meno irresponsabile, tenuto conto che Agrigento sorge su una zona intrisa d'acqua, dichiarata franosa con decreto luogotenenziale del 20 dicembre 1945. E infatti l'immane peso degli edifici, alcuni dei quali raggiungono i 54 metri, provoca il 19 luglio 1966 uno smottamento colossale. Frana una parte della città, i grattacieli si sbriciolano, eppure ancora quello stesso giorno si continua a rilasciare licenze. Il sindaco Antonio Ginex telegrafa al presidente del consiglio Aldo Moro per annunciargli che la città è stata colpita da "un grave movimento tellurico".

Di fronte all'emozione e allo scandalo che la frana suscita nell'opinione pubblica la DC, dal sindaco Ginex, al sottosegretario agrigentino Luigi Giglia, all'assessore regionale agli Enti locali Vincenzo Carello, al segretario del Partito Mariano Rumor, fanno quadrato attorno ai propri uomini. Si tenta anzi di occultarne le colpe, impedendo gli accertamenti alla commissione ministeriale d'inchiesta nominata dall'allora ministro dei Lavori pubblici Giacomo Mancini.

Guai grossi invece passerà il dottor Raimondo Mignosi che svolge un'inchiesta per conto della regione. Egli, rilevate una serie di irregolarità penalmente perseguibili, invierà la sua relazione all'autorità giudiziaria, prima ancora di trasmetterla all'assessorato regionale. Dopo di che si vedrà bloccare qualsiasi possibilità di carriera. Dirà il 5 dicembre 1966 alla Camera dei Deputati il comunista Mario Alicata che

« Un elemento non può non apparire chiaro a chiunque si volga con occhi attenti alla tragedia di Agrigento, ed è il fatto che per favorire un certo tipo di sviluppo economico nel nostro Paese (tipo di sviluppo che non solo ad Agrigento ha assunto le forme di speculazione parassitaria che in questa città sono arrivate ad una misura aberrante) si sono calpestati i diritti della natura e della storia, si sono volute ignorare le caratteristiche storiche, con la conseguenza da un lato di costruire il falso gigante dell'Italia moderna e industrializzata con i piedi di argilla, e dall'altro di avere non solo inferto a centri urbani come Agrigento ferite difficilmente cicatrizzabili, ma di avere operato in questi centri in modo tanto mostruoso da far apparire la frana che ha travolto un terzo della Città dei Templi come una reazione inevitabile, anzi coerente, della natura. »

23 "Paese Sera" Roma, 10 aprile 1968.

24 Cfr. MARCELLA DELLE DONNE, La questione edilizia, cit., p. 55.

25 MARCELLA DELLE DONNE, La questione edilizia, cit., p. 55.

26 L'architetto Mercandino espone queste cifre al convegno "Lavori, residenza e trasporti nell'area metropolitana di Milano", tenuto nel febbraio 1970. Cfr. "Il Giorno", Milano, 19 febbraio 1970.

27 Cfr. "La provincia di Napoli", n. 1, gennaio-marzo 1969, p. 72.

28 Camera dei deputati, VI legislatura, doc. XXIII n. 2, cit., pp. 221 e sgg.

Libere opinioni, ricerche e testi di: Tiziano Dal Farra (se non diversamente specificato e indicato nel testo)

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