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 | Vajont: genocidio di poveriParte 3... Abbiamo dunque visto assieme a Bertolt Brecht come la questione debba porsi. Ma insistiamo su questo tema perchè ci è parso di capire nel corso di questi mesi di processo che gli imputati attraverso i loro difensori vogliono anche sottolineare benemerenze personali sul piano persino umano (a parte la imperdonabile gaffe, su cui torneremo, dell'imputato ing. Sensidoni che ricorda come un merito la sua fede e la sua tecnica al servizio di quella fede nella guerra di aggressione fascista). 
 Quale moralità ?
 
Poniamo la domanda: quando il problema era di arrivare al collaudo della diga del Vajont entro i tempi tecnici previsti dalla legge di nazionalizzazione, al fine di lucrarne il pingue bottino, dove c'è posto per il problema della bontà singola, della cosiddetta onestà personale? È  tutto qui. Non importa assolutamente nulla che possano essere fedeli mariti, padri affezionati, osservanti in religione e in politica. Assolutamente nulla. Chi si mette al servizio di interessi disumani perchè contro l'umanità, è complice di un genocidio, come è stato un genocidio quello del Vajont, e la qualificazione morale è fuori dubbio. Già Brecht ricordava che siamo più portati a manifestare il nostro sdegno e il nostro disprezzo per chi assassina un uomo, mentre quando l'omicidio diventa omicidio di massa (ad esempio l'omicidio per ragioni razziali) l'indignazione, anzichè aumentare, diminuisce fino alla accettazione del fatto compiuto. Esemplare a tale proposito è il diario di Höss (il comandante di Auschwitz) steso in carcere prima della condanna per i suoi crimini. Egli era un uomo come tutti ed oltre alle comuni qualità di marito e di padre aveva anche il culto della natura e quello della musica. Ciò non gli ha impedito di trasformare milioni di uomini in fumo di camino. 
Mi pare che ancora una volta sia dimostrata la necessità di sostituire il metro della piccola bontà individuale, ipocrita e falso e coniato dai gestori del potere, con quello di una piu' alta moralità che commisuri il modo di comportarsi dell'uomo nel mondo dove opera. Ma stiamo attenti: agli imputati di oggi, secondo la imputazione ufficiale, non si fa colpa di non essere stati alla opposizione della società ingiusta in cui hanno operato, non si fa carico di non avere avuto il coraggio di andare controcorrente, con un criterio di moralità nuova. No: essi hanno violato anche le norme del diritto positivo, cioè quelle della società costituita. Di aver violato cioè anche una più piccola morale, anzi il minimissimo della moralità stabilito da quello Stato ufficiale che pure aveva posto con i suoi codici questo minimissimo a presidio di interessi che comprendevano anche quelli della SADE. 
 
 Potere e brutalità, brutalità e rapporti di produzione, potere e affari. 
Tanto più rese difficili quanto più servono come cortine fumogene, o (se si preferisce) nomi fittizi, "ufficiali", di una precisa volontà che si realizza freddamente per il conseguimento dei suoi fini e dei suoi interessi persino nella calcolata sistematica violazione (come abbiamo visto) di tutti quegli obblighi di legge che questa stessa volontà aveva creato nel suo formalismo giuridico, a mezzo di quest'altra tecnica (quella giuridica appunto) nelle sue leggi penali e civili. Abbiamo detto come queste leggi non sono sembrate suffficienti per perseguire lo scopo. Si sono violate coscientemente, in qualche altro caso si sono aggirate e svuotate, sempre nella prospettiva del mantenimento del predominio politico-sociale. In un filo rosso di continuità sintomatica, al di sopra e al di fuori delle vicende considerate contingenti della fenomenica delle forme di reggimento politico. Basti considerare alcune date di atti importanti compiuti da questi uomini, e dagli uomini che li hanno preceduti nel contesto dei medesimi interessi. Atti importanti sono stati compiuti durante il regime monarchico, poi atti sempre più importanti durante il periodo fascista, poi atti importantissimi nel giugno del 1940 quando un intero popolo veniva coinvolto nel massacro della guerra; Questa si è davvero una lunga marcia attraverso le istituzioni, non quella favoleggiata da altri (e comunque impossibile per altri), la lunga marcia del potere che sa benissimo riconoscere i "suoi" dagli "altri". 
Il Ponte del 31 luglio 1968, fascicolo speciale dedicato a "La Magistratura in Italia", sottotitolo: "L'Italia è la patria del diritto. A quando il Paese della giustizia?" riporta: Il potere politico con Segni, con Leone, con Sullo*(vedi box "Note",N. d. R.) ha promesso giustizia ma di fatto si è allineato, com'era del resto logico, con il potere economico: il partito di governo (e con lui via via altri partiti di governo) ha immediatamente colluso con la SADE e a mano a mano che il tempo passava non solo ha abbracciato la tesi della fatalità dell'accaduto ma è passato al contrattacco diffamando le vittime e dipingendole come i "superstiti tutti d'oro" che la sciagura avrebbe arricchito e diffamando chi stava e sta dalla parte delle vittime definendoli "sciacalli, speculatori politici, partigiani dell'odio". 
 
Dobbiamo anche dire che tali considerazioni critiche riguardano anche le grandi organizzazioni che sono alla testa nell'ansia di rinnovamento del nostro Paese ma che di questa occasione non hanno saputo trovare - nelle forme e nella sostanza - una maggiore aderenza ai grandi temi emblematici e caratterizzanti di questo processo; processo, se mai ve ne fu uno, alla intera struttura di uno Stato. E questo richiama alcune perplessità, perlomeno, sull'atteggiamento concretamente tenuto dalla sinistra ufficiale nel suo insieme su tutta la questione; nè può venirne incoraggiata la fiducia e la speranza che tante masse di oppressi ripongono in queste forze. È vero, gli onesti sono sempre stati disorganizzati, ma direi che questa volta non era solo un problema di organizzazione, ma di una giusta focalizzazione di temi, e di conseguente mobilitazione di uomini e di energie, che dovevano diventare un segno di contraddizione, il più netto possibile, tra la luce e la tenebra. 
 Violenza del sistema...e SEGUE IL RESTO DELL'ARRINGA... nel libro  Credo che quanto si è letto fin qui sia ampiamente sufficiente a stimolare la ricerca e la lettura (e augurabile ri-lettura, e diffusione, e discussione) del volume. Una sorsata di memoria fedele, di verità e soprattutto - non mi stanco di sottolinearlo - di DIGNITÀ, CORAGGIO e ONESTà INTELLETTUALE. Queste sono solo le pagine iniziali: ve ne sono altre decine, con foto, documenti e molto altro. Di altissimo spessore morale e civile la conclusione dell'arringa. Canestrini denuncia e indica con cruda chiarezza i fatti, mettendoci l'eguale perseveranza del Giudice Istruttore e del Pubblico Ministero bellunesi, che resero possibile il processo. Com'è andata poi a finire lì e negli altri gradi di giudizio, oggi lo sappiamo. I meno distratti non potranno non riconoscere l'ossatura e le dinamiche della Tangentopoli milanese degli anni '90, con la delegittimazione e l'allontanamento degli inquirenti che aprirono il vaso del verminaio (con Montedison ancora protagonista) con provvidenziali suicidi di semplici pedine come il Pancini di allora o autentici "Vicerè" come un Raoul Gardini; con altre pedine a pagare in carcere al posto dei finanziatori (se non scadono i termini o interviene qualche cavillo). E altre vicende economico-politiche di collusioni piu' recenti di cui - purtroppo per i cittadini e i magistrati onesti coi bastoni tra le ruote - abbiamo da anni i frutti sotto gli occhi. 
Uno 'stato nello Stato' che diviene un bel giorno Stato a tutti gli effetti, mediante 'elezioni democratiche'. Con ex impiegati del Capo e altri politici inquisiti e loro avvocati, a libro paga posti a legiferare in Parlamento e in Europa. Messi perfino a guidare il paese come un cavallo di Caligola. Commistione estrema, fatale per questa scassata Italia ma oramai pane quotidiano (il c.d. 'conflitto d'interessi'). E la storia italiana ripete se stessa. Di nuovo "legittime suspicioni", spostamenti di processi, legislazioni "pro domo sua" per impedire il rinvio a giudizio o la raccolta di prove su conti all'estero, fatte direttamente o ispirate (modello SADE) dai 'difensori' o 'sodali' (e l'uno non esclude l'altro) . Senza dimenticare gli interessi della ditta di famiglia e compari, potenziali ricattatori, offrendo prescrizioni o impunità 'legalizzata'. Ma come siamo potuti arrivati a questo? 
 
 Io non dimentico. Buoni 'sondaggi' e fiction! In fondo, come dice il titolo di un libro che ho qua attorno, restiamo comunque "Libars... di scugnî lâ" (Liberi ...di doversene andare). Liberissimi nondimeno di mandare il cervello in vacanza. E - ci mancherebbe! - di lasciarcelo. 
  "Ci vediamo subito dopo i consigli per gli acquisti: restate con noi!". Già. Raccontalo a QUESTI. 
 Tiziano Dal Farra, Udine. 
 
 
 Il Caso Longarone, Ottobre 2004[Il fatto] [risposta Comitato] [commenti?] [scrivi!] [idee] [somari/e] [giornalisti] [Alpini] [interrogazione] [libri/risorse/spunti] [non ci posso credere...] [di tutto, di piu'] [Conclusioni provvisorie, al 21 - 11 - 2004...]  | 
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