thinkMONAUomini con molte idee chiare ma sbagliate oppure uomini che di idee ne hanno poche ma confuse??

L'uomo dei boschi che nasce ogni mattina

Mauro Corona nella sua tana di Erto intaglia il legno e vive una vita all'insegna della libertà in pace colla natura

(marchetta di) VITTORIO PIEROBON. Domenica 21 Maggio 2006, "il Gazzettino"

CHI E'

Scrittore o scultore ma di successo

Mauro Corona è nato, come dice lui, per caso a Pinè di Trento. Vive a Erto. Personalità poliedrica: grande scalatore (ha aperto oltre trecento vie sulle Dolomiti), scultore affermato (il suo maestro è stato Augusto Murer) e scrittore di successo.
Si impose all'attenzione della critica con "Il volo della martora", scritto nel 1997(38). Sono seguiti altri sette titoli(39), tutti di grande successo.
L'ultimo libro(40), uscito da pochi giorni(41), si intitola "Vajont, quelli del dopo»

L'orso è nella tana. L'ingresso è chiuso a chiave. "Oggi non riceve", busso, perché ho un appuntamento. «Ah, sei tu! Vieni avanti accomodati dove vuoi.» Mi guardo attorno e penso che quell'accomodati 'dove vuoi' sia la prima prova da superare. Mi trovo all'interno di un... come dire, negozio, atelier, laboratorio, cantina, studio. Un qualcosa di unico e di personale, dove si intrecciano cultura e arte, dove la polvere si mescola con il vissuto. Un tempio privato quello che si è costruito Mauro Corona ad Erto. In quei pochi metri quadrati c'è il suo mondo antico, come la vecchia stufa in ghisa o le foto ingiallite dei suoi incontri di gioventù con personaggi celebri. Sparse qua e là decine di statue in legno, pile di libri, attrezzi da lavoro, un tavolaccio dove scrive i suoi romanzi, sempre a mano e solo su Moleskine, il taccuino reso famoso da Bruce Chatwin, il grande viaggiatore inglese. Per l'illuminazione ci sono candele e un impianto elettrico che va in cortocircuito solo a guardarlo. «Siediti» Insiste.

Lui è in "divisa" da uomo dei boschi, pantaloni alla zuava, canotta scura senza maniche e bandana a coprire la folta chioma ormai ingrigita. Lo trovi vestito così a meno venti sotto zero con la neve e a più trenta sotto il sole estivo. Ha alle spalle una vita intensa, nella quale ha davvero fatto di tutto, ha vissuto con lo spirito di uno dei suoi autori preferiti, Gabriel Garcia Marquez, all'insegna di «Vivere per raccontarla» Ed ora, che l'età gli ha portato la saggezza(1), ha rallentato la sua attività di alpinista e scultore, campi nei quali ha raggiunto livelli di eccellenza, per scrivere. I suoi libri sono pagine di vita, i personaggi sono reali. Storie semplici, ma intense, una sorta di epopea che gravita attorno ad Erto: paesino diventato famoso, nel giorno in cui cessò di esistere, spazzato dall'ondata del Vajont(2).

Chiacchierare con lui è sempre un piacere(3). Uomo schietto e profondo, dice ciò che pensa, con linguaggio ricco e colorito(4). Le citazioni sono il suo pane(5). Ha una memoria formidabile(5) e sembra si diverta a stupirti, sciorinando il vastissimo repertorio delle sue letture. Mi siedo su una panca e gli pongo una domanda che sorge spontanea, confrontando il suo stile di vita con la grande notorietà che ha raggiunto.

Come riesci a conciliare la popolarità con la privacy che tanto ami?

«Ho rinunciato a parecchie cose, perché io so cosa voglio. La notorietà rischia di non farti essere più te stesso. Certo fa gola, ti lusinga. Per un po' sono stato al gioco, poi ho capito che mi mancavano le mie cose, il mio mondo. Io ho dei ritmi che non vanno d'accordo con la notorietà: salotti e inviti non fanno per me. La mia giornata è fatta di corse, scalate, letture e scrittura. Comincio a scrivere alle 4 del mattino, poi vado a correre, nei boschi e poi cerco di stare con i figli perché stare con i figli per me è bello come correre nei boschi o fare una scalata. La sera riprendo a leggere e scrivere. Dormo pochissimo»

Hai fatto rinunce importanti per difendere la tua libertà?

«Ho detto no a numerose offerte economicamente molto vantaggiose. Per esempio ho rinunciato ad un programma televisivo per Canale cinque, assieme ad Alberto Tomba. Si doveva chiamare "L'ltalia delle meraviglie(6)" ed erano previste 44 puntate!»
Mentre parla, fruga nei cassetti, cerca tra le montagne di carta e, alla fine, trova il copione del programma. «Un programma in prima serata, pagato molto bene. Ho rifiutato, perché avrei dovuto rinunciare al mio modo di vivere. Nella mia bilancia mentale sarebbe stata una scelta negativa. Io sono molto istintivo, quasi primitivo: se sto scrivendo e mi viene voglia di correre, butto via la penna e corro. Se sei legato da un contratto non puoi farlo. Io odio le catene. Quando lavoravo in una cava di marmo, avevo turni che duravano anche quindici ore e mi trasformavano in una macchina: non potevo sognare, perché dovevo lavorare. Le ore libere sono una grande ricchezza e vanno usate per se stessi(7)»

Tu ami la privacy, però ti sei creato un personaggio che non ti fa passare inosservato: con la tua bandana e le canotte senza maniche anche d'inverno sei inconfondibile.

«Certamente. E infatti non mi muovo. Non faccio come certe soubrette che picchiano i fotografi e, in realtà, non vedono l'ora di essere fotografate. Io quando decido di andare in giro, di stare con il mio pubblico (e devo riconoscere che ho tanti lettori) mi metto a completa disposizione. Quando esco dalla tana, il mio pubblico mi può anche sbranare(8). Ma scelgo incontri pubblici limitati quando reputo che servano. Preferisco andare nei paesini del Veneto e del Friuli. Poi mi ritiro come una lumaca e torno ad essere un uomo normalissimo. Qui ad Erto, vivono appena trecento persone e ci conosciamo tutti quindi passo inosservato, posso andare al bar tranquillo. Devo stare solo attento alla domenica, quando arrivano turisti che vengono a vedere il Vajont. Io ci tengo alla mia privatezza (non voglio usare la parola inglese, non mi piace). Ne parlavo recentemente con Francesco Guccini, che mi raccontava di non poter andare in un luogo pubblico senza essere assalito dai fans. E' una bella schiavitù, il prezzo che si paga ad essere famosi. Io sono famosino e mi basta ed avanza(9)».

C'è chi dice che tu ti sia costruito questo personaggio per avere più successo?

«No, all'inizio non era così. Ero io fatto in quel modo. Poi ammetto, ho cavalcato un po' il personaggio. Una volta Claudio Magris ha scritto sul Corriere che Mauro Corona si atteggia a personaggio improvvido. In parte è vero, ma io l'ho fatto anche come ribellione, volevo far capire che non è l'abito che fa il monaco, anche se oggi sembra contare soprattutto l'esteriorità. Io volevo dimostrare che si può fare qualcosa di buono anche vestendo panni umili. Tanto è vero che c'è chi insinua che io non abbia scritto i miei libri: come fa un personaggio cosi che beve qualche bicchiere di troppo a scrivere quei libri? Me lo diceva, in occasione del premio Nonino, anche Paolo Maurensig: devi cambiare look. Ma come faccio? Se mi presentassi in giacca e cravatta la gente direbbe che sono impazzito o che mi sono imborghesito. Devo restare così anche per rispetto ai miei lettori(10)».

Ma chi è veramente Mauro Corona?

«La mia categoria la scelgo al mattino, quando mi sveglio: scrittore, scultore, alpinista o anche ubriacone o boscaiolo(11). Io nasco ogni mattina e decido cosa sono(12). Adesso ho il pallino dei libri però non so quanto durerà. Io sono un camaleonte, quando sto con lo scalpellino divento scultore, quando sono nei boschi, divento boscaiolo. Sono uno che si adegua all'interlocutore(13). Non posso parlare con tutti di Dante o Dostoevskij. Se però ho davanti un letterato con la puzzetta sotto il naso allora mi diverto a sparargli citazioni. Non temo il confronto con qualsiasi letterato italiano(14) e non mi preoccupo del giudizio degli altri(15). Come dice il grande Mario Rigoni Stern, prima di giudicare una persona bisognerebbe mangiare assieme almeno cento chili di sale, vale a dire trecento polente(16)».

Che rapporto hai con i tuoi lettori?

«Ricevo dalle dieci alle venti lettere al giorno. Cerco di rispondere a tutti perché chi ti scrive lo fa per affetto e merita di essere ripagato con un cenno di attenzione(17)»

Rispondi usando il computer?

«Magari fossi capace di usarlo. Riesco appena a scrivere 'Erto', perché le lettere sono 'attaccate' sulla tastiera. Io scrivo a mano. La scrittura a mano è qualcosa di personale, la calligrafa rispecchia il tuo pensiero, il tuo stato d'animo. Il computer è freddo, impersonale(18). Certo, le lettere a mano a volte sono indecifrabili e allora sono costretto a metterle in archivio (e getta lo sguardo verso la stufa a legna...) lo scrivo in stampatello, perché sono consapevole di avere una pessima calligrafia»

Anche i libri li scrivi solo a mano?

«Certamente. Li scrivo a mano due volte. Una prima stesura un po' prolissa, poi procedo alla potatura e riscrivo tutto in stampatello, in modo che sia chiaro per chi dovrà batterlo al computer. Una volta questo compito era dei miei figli ora ho trovato una bravissima ragazzina di Claut, Paola Paruzzo. Così sono più contento, mantengo il mio rapporto personale con la scrittura e do lavoro ad una brava persona. Perchè essere egoisti? Nella vita bisogna dividere(19)».

Computer a parte, qual è il tuo rapporto con il progresso?

«Non posso dire che il progresso sia il male, anzi(20). Non sono un nostalgico delle cose passate, però bisogna prendere il progresso nelle giuste dosi. E' come il vino: va bevuto con moderazione senza ubriacarsi(21). Per me le due grandi invenzioni del secolo sono state il computer e la motosega».

Il computer capisco, ma la motosega?

«Guarda che per tagliare un albero a mano ci volevano tre quarti d'ora, adesso bastano venti secondi. Anche in questo caso ci vuole la moderazione, perché in una settimana puoi distruggere il bosco»

Non sempre il progresso viene preso a piccole dosi, come dici tu...

«La tecnologia va gestita con intelligenza, non si deve diventare eroinomani di qualcosa. Invece si tende a diventare drogati di progresso. Dipendenza dai soldi, dipendenza dagli affetti. Pensa ai suicidi per amore (anche qualche settimana fa un ragazzo si è buttato dalla diga del Vajont(22), perché era stato lasciato dalla morosa). Occorrerebbe educare i ragazzi alla moderazione. Bisogna saper accontentarsi dell'essenziale e non bramare il superfluo. Prendiamo l'automobile. Ha una precisa funzione: spostare un corpo da posto all'altro velocemente (a volte troppo velocemente). L'automobile va usata quando serve per quella funzione. Se vuoi la Ferrari sei un eroinomane. Lo stesso dicasi per l'orologio: serve per sapere che ora è. Se ti compri il Rolex o il Cartier è solo per esibirlo. Salvo poi diventarne schiavo. Ti compri l'oggetto da 70 milioni e poi hai paura che te lo rubino. Ma fa a meno di comprarlo! Io lo dico sempre ai ragazzi: non compratevi le magliette firmate: firmate voi le vostre magliette, saranno sicuramente più originali(23)».

Prima accennavi al suicidio di un giovane per amore. Tu che sei un modello per i giovani(24), cosa diresti a chi vuole rinunciare alla vita?

«Il giovane negli ultimi anni è stato bombardato da una crescita della vita che ha sconvolto la genetica dell'uomo. E' come buttare una persona appena nata nel deserto. I giovani sono allo sbando. Vengono indottrinati da quella bestia che e la televisione, per cui un ragazzo non vale niente se non ha successo. Se non è un campione o una velina, o se non va a un 'Grande fratello'. Il messaggio che passa è: se non hai successo sei un fallito(25). Allora uno si chiede: che cosa ci sto a fare? E' un problema di educazione(26). Insegniamo ai nostri ragazzi a godere di quello che hanno: la gioventù, la salute. So che sono parole retoriche, ma a volte la retorica sta in piedi(27). Che cosa c'è di più bello della gioventù e della salute? Che cosa vogliono di più i giovani? Dovrebbero ringraziare Dio ogni mattina che si svegliano. Cosa c'è di più bello di poter camminare, guardare la natura. Purtroppo, quando qualcuno non si sente di stare in questo mondo non c'è nulla da fare. Ma noi dobbiamo far capire, prima, ai nostri giovani quanto sia bello stare in questo mondo(28)»

Incontrare Mauro Corona e non parlare di vino, sarebbe quasi una provocazione. Nei tuoi libri il vino è sempre presente e, a quanto scrivi, anche nella vita reale il rapporto è stretto.

«Beh, lo ammetto. Io nella mia vita ho bevuto una petroliera(29). Ho scritto anche un libro "Aspro e dolce" che in un mese ha venduto settantamila copie(30), dedicato al mio rapporto con l'alcool. Altri tempi, ora ho cambiato quantitativi, ma non credo che smetterò mai di bere. E' diverso dal fumare: la sigaretta è una cosa stupida, senza senso; il vino ti dà gioia, è piacevole. Lasciatemi almeno questo vizietto. L'importante è che non diventi un vizio(31)»

Siamo a pochi chilometri dalla diga del Vajont. So che non parli volentieri di quei tragici giorni(32), anche se il tuo ultimo libro appena uscito, "Vajont, quelli del dopo" è una rielaborazione della tragedia.

«Se n'è parlato troppo. Io ho ricordi di quei giorni ma sono momenti miei. Lo spettacolo di Marco Paolini e il film di Martinelli hanno il merito di aver aperto uno squarcio di verità su quella tragedia(33). Purtroppo c'è chi ha scoperto la professione della vittima(34). A me dà fastidio questo prostituire il dolore(35). Sono passati quarant'anni, la maggior parte dei protagonisti dell'epoca è morta. Ora è tempo di perdonare e di ricordare(36). Ma il Vajont non può essere il marchio di qualità per chi è rimasto(37)»

(marchetta di) VITTORIO PIEROBON. Domenica 21 Maggio 2006, "il Gazzettino"


coronaVenduto

NOTE:

thinkMONA

(1) = Ne siamo assolutamente sicuri???
(2) = Ripeto e su questa balla galattica su Erto sottolineo: ne siamo assolutamente sicuri??? E allora, il "vecchio" che c'è oggi lo hanno ricostruito? Tutto?? e poi "abbandonato"?? (Imbecilli).
(3) = Dipende: solo se è sobrio, e soprattutto se si ricorda l'ultima balla dei giorni (o giornalista) precedenti. (4) = Appunto: "se" pensa. (5) = Non si direbbe .... visto le bestialità che spara. (6) = L'italia degli Sparaballe, visti i conduttori... (7) = Usate per studiare un po', ad esempio... (8) = Povero ...(9) = Parole sante. Quando ha ragione, sono il primo a riconoscerlo. (10) = Se li rispettassi veramente, dovresti offrire ad ognuno di loro una signora cena, visto la fuffa che vendi loro... (il 'prodotto', Vanna Marchi insegna)(11) = O lo storico d'accatto (12) = O quello che mi ricordo, se mi ricordo (13) = Su questo, non ci piove. (14) = Ahia... non t'allargare, mona
(15) = Su questo non ci piove: occorrerebbe sapere e ricordare cosa significa la parola (italiana) «vergogna» (due volte mona in due righe)
(16) = In realtà sarebbe un proverbio scozzese, ma fa uguale ... L'equazione delle polente, quella è genuina. E, come per tutte le "citazioni", è "non verificabile". (17) = Meriterebbe, già, già, .... (18) = Quelli che hai visto (e poco) tu, certamente: è fuori discussione... Ma anche per questo, occorrerebbe che tu sapessi di cosa stai parlando. (19) = Le balle ai lettori (paganti) di Mondadori, i proventi a editore e "scrittore". Come Vanna Marchi: ma quella vendeva a caro prezzo balle e sale, tu a costi osceni (in rapporto al contenuto) balle incredibili, e sul Vajont. Quello degli altri, ovvio. (20) = Venduto, prostituto (21) = Da che pulpito. Vergognarsi no, eh?? (22) = Balla (ma se lo dice Corona). Ha preferito le gallerie, a almeno un km. distante; veniva dalle parti di Bologna, e lo stesso Gazzettino se ne occupo'. Ma per l'articolo fa brodo lo stesso... (23) = Lo stesso dicasi per una ottima alternativa ai tuoi "libri" (segnatamente quelli dell'era berlusconiana) (24) = Questo no, perdìo...!!! (25) = "Vedi me, invece... chi lo avrebbe mai detto??" (26) = Parole sante. Da che pulpito, però... (27) = Colla retorica, riesci a stare in piedi pure tu. È assodato. Vi autosostenete a vicenda. (28) = 'fanculo. I "tuoi" giovani, forse. Non hanno problemi di mantenimento, intendo. (29) = O due, o tre. Bravo. (30) = Il peggiore della serie, lo spartiacque tra il Corona originale e quello adulterato. Difficile (letterariamente) fare di peggio. (31) = Da che pulpito. Come George Best, agli ultimi giorni... (32) = Perchè avevi altro da fare in quei giorni (e anni successivi) e dovresti inventarti qualcosa... (33) = Almeno loro!! (Martinelli un po' meno, però... (34) = Da che pulpito: è il piu' famoso, se c'è mai stato un "capostipite". (35) = Vergognati. Proprio tu .... (36) = Rivergognati, prostituto (dice Pierobon - "modello per i giovani")
(37) = Ah, sotto questo profilo sai che non hai nessunissima chance, quindi... meglio azzerare tutti i personaggi, giusto??

Commenti riquadro: (38) = Ahi, Magris, cosa hai fatto... (39) = I migliori sotto il profilo narrativo furono editi da "Biblioteca del'Immagine" di PN. Poi - purtroppo - venne il periodo berlusconiano (40) = Scopiazzatura di fatti descritti in "Sulla pelle viva" ed altri, opportunamente "coronizzati"...
(41) = Ed eccolo qua, il motivo di questa penosa marchetta-contenitore di cazzate!!

COMMENTO:

thinkTINA 'fanculo, va là. Tutti e due.

Fatta 'a mano' con un Apple Macintosh