L'articolo del Gazzettino è interessante poiché dà l'idea dell'ordine di grandezze degli stanziamenti necessari a mettere in cantiere un'operazione del genere. Su questo fronte è opportuno, ed emblematico di una gestione assurdamente dilettantistica e paracula da parte della odierna mafia longaronese, dare un'occhiata al "progetto" presentato dal Comune di Longarone nel 40° anniversario: vedi alla terza voce di questa tabella: da miei colloqui con chi di queste cose se ne intende, 4.000 Euro sono circa un decimo del necessario. (Per conoscere tutto il progetto delle "celebrazioni" farsa del 40°, andare QUI.
Per avere idea dei materiali da recuperarsi a L'Aquila, andare QUI)
Senza nulla togliere al valore dell'archivio giudiziario del processo "Piazza Fontana", io credo che una attenzione eguale, se non maggiore, vada data all'archivio giudiziale del «Processo Vajont», che mi sembra molto, molto più importante sia sul piano storico, sia sul piano del bilancio delle vittime e specificamente sul piano del bilancio statale tout-court. Soldi pubblici elargiti piu' o meno allegramente fino ai giorni nostri, finché il legislatore non porrà mano alla "legge Vajont" ed ai suoi nefasti effetti sulla economia ATTUALE, di questo momento storico del Paese.
Senza contare i risvolti giudiziari sugli approfittatori che ne potrebbero derivare, potendo accedere a determinati materiali.
Inoltre, a differenza delle famiglie delle vittime di Piazza Fontana, esiste un tipo di "valore" intrinseco nei reperti che stanno marcendo a L'Aquila: gran parte delle "prove" consistono in oggetti, foto, etc. strappati al fango. Per molte famiglie, per chi è rimasto, l'unico oggetto o foto al mondo, p. es. della propria madre, giace in quegli "scatoloni".
Sarebbe abbondantemente ora, per tutta una serie di ottimi motivi, che questo "archivio" tornasse "a casa" (Belluno "e" Longarone, ed Erto) e questi reperti, esaurita la loro funzione processuale, tornassero agli eredi legittimi, e/o superstiti, e/o musei.
Tiziano Dal Farra, Udine.
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