Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont


* online

* - Presentazione, di Marco Paolini*

*9 - Una storia d'oggi, di Giampaolo Pansa

*19 - Introduzione

*23 - Il paese di Erto e Casso

*35 - Arriva la SADE


47 - Gli espropri delle terre

57 - Il Consorzio per la difesa della valle ertana

71 - La più grande diga del mondo

83 - La montagna si spacca

95 - Verso la tragedia

107 L'assassinio si compie

125 La diaspora


*163 Vent'anni dopo

*169 Una donna contro di Vanda Milano


173 Bibliografia

175 Indice dei nomi

Presentazione

di Marco Paolini

Ci sono incontri che ti cambiano la vita.
Persone straordinarie che ti comunicano qualcosa che entra a far parte di te. A volte sono stimoli, a volte dubbi, a volte idee. Emozioni, storie, passioni. A volte sono un pugno nello stomaco che ti toglie il fiato, che ti lascia dentro una rabbia e un senso d'ingiustizia subito intollerabile, ingiusta. Questo, per me, è stata Tina Merlin.

Edizione CIERRENon l'ho mai conosciuta di persona, ma l'incontro c'è stato ugualmente attraverso le pagine di questo libro. Le storie non esistono finchè non c'è qualcuno che le racconta. La tragedia del Vajont esisteva, eccome!

Esisteva uno spesso strato di commozione, di solidarietà, di spavento al pensiero dell'enorme distruzione, della valanga di lutti che si era abbattuta su un piccolo popolo di montagna. Esisteva nella memoria di pochi che ricordavano d'aver vissuto quel giorno ma il ricordo diventava sempre più incerto per gli altri, per quelli che non conoscevano quella valle se non per sentito dire, per tutti quelli nati dopo, che del Vajont avevano sentito parlare poco e sempre meno in occasione degli anniversari ogni 9 ottobre circa.

Nel 1983, quando Tina scrive questo libro, la stagione della memoria vive forse il tempo più brutto. L'Italia degli anni '80, tutta proiettata in avanti verso il sogno di entrare nell'olimpo dei paesi più potenti del mondo, non ha più tempo e voglia di guardarsi alle spalle. Insieme alla stagione della politica nelle scuole e nelle strade e a quella successiva del terrorismo, seppellisce in fretta anche la stagione del suo passato contadino, ma anche di quello industriale. Ha seppellito l'ultimo suo profeta PierPaolo Pasolini, e mostra una gran fretta di diventare post-qualcosa.

È una stagione arrogante e volgare quella in cui Tina Merlin scrive il libro. Sul Vajont sono giù stati pubblicati altri libri importanti, ma non servono a rallentare la dimenticanza. Per questo, credo, è così crudo ed eloquente questo libro. Contrasta violentemente con lo stile di quegli anni. È un atto di rivolta silenzioso e implacabile. È un testamento amaro di chi ha vissuto e sofferto qualcosa che non si dovrà ripetere mai e vede nella dimenticanza un pericolo che ci sovrasta tutti un'altra volta, una frana più grande di quella del Toc, grande come una bugia.

Perchè la storia raccontata da Tina nel suo libro era così diversa da quella comunemente accettata sul Vajont nel 1983? Perchè, nonostante l'evidenza dei fatti giudicati, dei responsabili condannati, delle testimonianze acquisite, era ancora possibile assimilare il Vajont alle alluvioni o ai terremoti o a una delle tante catastrofi naturali che segnano la storia del nostro paese? Perchè non si riconosceva l'olocausto nello sterminio di un piccolo popolo di montagna, come giustamente fa osservare Pansa nella prefazione all'edizione del '93 di questo libro.

Qualcuno ci dovrà aiutare capire come funziona la memoria di un popolo e qualcun altro dovrà impegnarsi a scrivere la seconda storia del Vajont, quella che va dal 1963 al 2000, in cui forse troveremo spiegazioni utili a capire perchè eravamo così nel 1983 e cosa siamo diventati dopo, oggi. Trentasei anni dopo il Vajont.

Questo libro è una testimonianza di parte, non è il Vangelo, non è Verbo, quella raccontata è storia recente, vissuta sulla pelle viva, raccontata dalla parte del piccolo popolo che ha subito la violenza dell'onda e l'offesa della dimenticanza. Questo libro è un onesto pugno nello stomaco di chi sente vergogna di non aver saputo, vergogna dell'ignoranza collettiva intorno al Vajont.

L'ho letto nel 1993. La mia copia è piena di sottolineature. La copertina è consumata dai viaggi. Ho preso il mio pugno nello stomaco da Tina, e da allora ho cominciato a raccontare la storia del Vajont, cercando di farlo onestamente, senza per questo essere neutrale. Non credo esista un cronista o uno storico neutrale. Esiste un lavoro ben fatto di inchiesta, di ricerca delle fonti, di ascolto dei punti di vista diversi, ed esiste un lavoro più comodo di chi si accontenta di scrivere belle pagine ad effetto.

Non so come, fra altri trent'anni, si racconterà la storia dell'olocausto del Vajont, ma so che se qualcuno lo farà, sarà anche grazie a Tina Merlin.

Le storie non esistono se non c'è qualcuno che le racconta.

Marco Paolini

 

E qualcuno ad ascoltarle, mi permetto di aggiungere io. Tiziano.



_ IN memoria di TINA MERLIN _


Ogni tanto, molla la TV e visita: http://www.sopravvissutivajont.org

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