Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont


* online

*7 - Presentazione di Marco Paolini

*9 - Una storia d'oggi, di Giampaolo Pansa

*19 - Introduzione

*23 - Il paese di Erto e Casso

*35 - Arriva la SADE


47 - Gli espropri delle terre

57 - Il Consorzio per la difesa della valle ertana

71 - La più grande diga del mondo

83 - La montagna si spacca

95 - Verso la tragedia

107 L'assassinio si compie

125 La diaspora


*163 Vent'anni dopo

* - Una donna contro* di Vanda Milano


173 Bibliografia

175 Indice dei nomi

Una donna contro

di Vanda Milano

0Un pomeriggio di qualche anno fa, reduce da una malattia importante, avevo accentuato consapevolmente la mia fragilità sotto un cappello grigio ed un lungo abito anni trenta. Così, tanto per essere in stile, davanti a persone importanti che parlavano del Vajont, delle nostre remote tragedie, del nostro povero esistere che ancora non odorava di NordEst. E di te si parlava, cara Tina Merlin, e per me eri una presenza incombente, ora annidata sul palco vicino a Giampaolo Pansa e ad altri importanti giornalisti, ora vagante tra le sedie, vicino al tuo compagno di vita sempre restio e presente, vicino a tuo figlio, nuovo e faticoso giornalista.
Con parole gentili, raffinate, piene dell'umore di un ricordo riassunto dai testi perchè non ti avevano conosciuto, nè amato, nè odiato, gli uomini importanti del palco andavano creando di te un'immagine lontana, unidimensionale, senza prospettive ed ombre.
Mi riusciva difficile sopportarlo, anche se era un gran bel parlare, ma è così improprio interrompere i mostri sacri, così poco pagante dissertare a braccio da una sedia di platea, che mi sono stata zitta, sotto il mio cappello grigio pieno di civetteria retrò. Ho poi cercato, fuori dall'arena, di chiarire qualche pensiero, di mettere in ordine qualche sensazione, ma il tempo, l'umore, l'odore di una cena incombente hanno fatto giustizia dei miei impeti intellettual-borghesi e pseudoletterari.

Ho anche provato di scrivere qualche cosa di dignitoso sull'onda di una immagine che era nata in quel contesto: di scriverlo non so bene a chi. A te, forse, a tuo figlio, a Pansa.
Ma il computer si è mangiato la mia fatica di giorni** e commozioni, di ricordi e di lacrime nascoste più per la mia perduta giovinezza che per la incolmabile perdita della tua maturità. Meglio così.
Mi viene chiesto oggi quello che ieri avevo scritto su te e sul tuo ruolo. L'ho perduto nei terrificanti circuiti del computer, ma dentro mi è rinata la voglia di dire la mia, di ricordarti per quello che valevi per me, di mettermi in rapporto, per ciò che può contare, con la nostra storia reale, con la via crucis laica di una passione d'altri tempi. Per questo, accetto di scrivere poche cose, sempre nella illusione che il computer, mostro del minimalismo deificato, non se le mangi**.

Tina a Erto, centro fotoSi parlava, o meglio parlavano, quel giorno, di te come giornalista, per il coraggio che avesti di rendere pubblica su "l'Unità" la incombente tragedia del Vajont e per esserne stata derisa o deserta e, magari troppo tardi, riconosciuta. So che quel lavoro per te fu molto importante e che, in qualche modo, segnò come giornalista, la tua fama e la tua storia. Ed infatti ognuno lo sottolineava, rendendoti protagonista certamente e meritatamente, ma anche martire del clima ideologico e politico di quegli anni. Rendendo di te una immagine ferita sicuramente vera, perchè in quella occasione non fosti creduta se non tardivamente e senza clamore dalla magistratura (irrilevante nella nostra cultura, ancora adesso).
Ma è questa immagine che non ti corrisponde.
Tu non sei mai stata succube di qualcuno. Nè della tua famiglia e dei tuoi affetti, nè del tuo Partito, così importante allora, nè della tua immagine, perchè eri una "donna contro".

Io non credo che quello specifico episodio, che naturalmente si presta ora alla discussione, all'approfondimento, alla "definizione", sia stato l'episodio più importante della tua vita o, per lo meno non quello che ha definito il confine tra te Tina Merlin ed il tuo esistere. È così difficile spiegare questo che nemmeno ci provo: ma io so che non si poteva rimuoverti mai, proprio perchè eri "contro", non si poteva piegarti, nè si poteva ignorarti per lo stesso motivo. Tu eri la "resistenza", quella con la lettera minuscola, quella quotidiana, politica, domestica, ma anche intellettuale, femminista, culturale nella Provincia bene. Vedi, la tragedia del Vajont ha colto me già matura, laureanda, che andavo piangendo a sostenere l'ultimo esame della mia carriera accademica. So bene quanta importanza e quanto giusto sia che tu possa essere ora riconosciuta per il tuo lavoro di giornalista, per il coraggio che ad altri allora mancò, per la tua assoluta intuizione e la ostinata puntualità, tutta giornalistica, della tua verifica: ma quello su cui non concordo è che solo questo di te resti. Una brava giornalista, soffocata dalla cultura e dalla politica dell'epoca.
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Una donna sola, in qualche modo perdente, della quale si parla in occasioni ufficiali. Vedi Tina, quando io approdai ad un Partito, quello Comunista, negli anni '54, avevo un unico vestito portabile, di velluto rosso, e la disperata voglia di appartenere ad un gruppo che mi accettasse per quello che ero: una bambina straordinariamente acculturata e straordinariamente povera, che trascinava il coraggio sulle suole bucate di scarpe imprestate e se lo faceva salire in gola, parlando da un palco giovanissima, impudente, terrorizzata.
E tu eri lì, bellissima, un po' scostante, con gli zigomi alti e la tua imbarazzante femminilità. Con un concetto del ruolo trascinante, così paritetico e così femminile, così materno e così arrogante, che in qualche modo ha determinato anche il mio esistere, diventare un'altra donna contro.

Io ne ho conosciute altre, sai, donne di questa importanza e di questa levatura: mia Madre, cattolica, sottile e perfetta, orgogliosa e severa su un palco rosso pieno di insulti, la Rosi (te la ricordi vero), così dimessa e patetica e poi l'Amalia e altre donne delle quali ora, per motivi diciamo giornalistici, non posso raccontare. Ma tu eri come scolpita e non è vero niente che qualcuno potesse soffiarti via, nemmeno il grande vento dell'altro potere e, pensaci un poco, nemmeno l'anima misogina del nostro Partito Rivoluzionario. Così io vivo e mi rifiuto di ricordarti in un altro modo. Forse vittima di te stessa, di quell'epoca, di quella cultura, ma con i polpacci sodi, il busto eretto, i capelli sempre scompigliati e gli zigomi alteri delle donne di razza.

Feltre, 26.06.1997

**NOTA = Un vero peccato. Per evitare questo micidiale inconveniente tipico dei PC Win, suggerirei all'autrice e a chi legge di cambiare tipo di 'elettrodomestico' con qualcosa di piu' affidabile e 'fedele'. SI PUO'. Qui alcune mie considerazioni, dettate dall'esperienza.

Un saluto. Tiziano Dal Farra, Udine.



_ IN memoria di TINA MERLIN _


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