Il Danielis-pensiero. E la realtà PUZZOLENTE delle cose

"Nel centro del problema del Vajont, la finanza, la POLITICA, l'arroganza e la stupidità scientifica, che non tiene conto delle conseguenze dei suoi test: modello di crimine 'PERFETTO'. Ora, c'è solo un modo, per onorare le vittime del Vajont: quello di fare un percorso, ASSIEME ai VIVENTI, perchè quelle morti non siano inutili. E siccome alla morte non c'è nessun rimedio se non nel ricordo dei viventi, e' bene sapere che una comunità che viene colpita in maniera così grave continua a vivere, con una parte di memoria, 'fuori di sè', come se quelli che sono scomparsi ... SENTISSERO, VEDESSERO, GIUDICASSERO.
Io non so, se è così nella realtà: è che così si 'sente'."

Dall'intervento del Prof. Francesco Piero Franchi, a Nuova Erto (Ponte n. Alpi, BL) il 09-10-2004....

Un'altra 'memoria', è possibile??

Giovanni Danielis risulta essere - parole e fatti, suoi - «il responsabile degli 'Informatori della Memoria'» di Longarone e l'ex-addetto al sito ufficiale "Vajont.net" (anch'esso scadente, come a mio parere tutta questa gestione 'giovinastra' di morti, di vivi e soprattutto della "Memoria" intesa come patrimonio comune e come mònito).

Occorre anche chiedersi se sia meglio trovarsi a dover dipendere (la Memoria, i sopravvissuti e/o gli italiani di buona volontà che si sentono in qualche misura solidali colle vittime del Vajont) da uomini con molte idee chiare ma sbagliate oppure con uomini che di idee ne hanno poche ma confuse, resi 'buoni e saggi' nell'immaginario collettivo da un coro di sodali in patente conflitto d'interessi o dalla coda di paglia (e un giornalismo compiacente che invece di fare domande intelligenti e darne conto tiene loro bordone e perpetua gli equivoci).

Fondazione_vajont_Onlus.jpgComunque sia, la Strana Coppia responsabile della "Memoria", con l'avallo di una giunta sbiadita e di un tessuto sociopolitico ambientale malavitoso sviluppato in 40 anni di sottogoverno in condizioni geopolitiche particolarissime a causa dei noti (e meno noti) crimini, ai miei occhi si sta scavando un posto nella pattumiera della Storia come l'amministrazione piu' ipocrita mai vista all'opera da quelle parti.

Dal mio punto di vista di emigrato documentato, che non dimentica, ho la sensazione che invece di contribuire alla sistemazione ove possibile (ed "È" possibile) di antiche piaghe locali, non solo le riaprano ma pare che godano aprendone di nuove, inaudite. Sulla interpretazione corrente e corriva della "Memoria", poi...

Nello specifico, i cani randagi in qualsiasi canile comunale d'Italia ottengono più attenzioni, riparo e rispetto che non i Sopravvissuti e piu' in generale tutto lo sparuto "popolo del Vajont", quello del "patrimonio comune". Marketing e propaganda, ecco cos'è oggi il Vajont. Non disgiunto da una sana opera di rimozione fattuale del particolare dei "2000 morti assassinati", affiancati per denominazione geografica e destino (mai richiesto) al più mondano e prestigioso fattore "Fiera".
Se troppo ricordati o sofferti, se non imbavagliati o seppelliti in aiuole indecenti in piazza e rievocati unicamente nella 'festa comandatà l'eccidio rischia di appannarne il glamour. Di appiccicare un antico ossido di sfiga, le polveri sottili delle collusioni, alle sontuose coppe alla vaniglia o ai mobili fintorustici di ArredaMont. Per non aggiungere al quadro le fabbriche costruite e finanziate dalla legge "Vajont" che evaporano da tempo, ai conti traballanti di questo Comune fucina di sottogoverni è giunta dunque l'ora di trasformare la sfiga in business, il sindaco in un genio, il suo staff in evangelisti. Non importa come, quando o a prezzo di CHI e di cosa. L'importante è l'immagine, il lifting, gestito da manichini eterodiretti e colla politica politicante come obiettivo e stile di vita.

Baraccone Danielis.

Basta poco a valutare i meccanismi mentali autografi di un alieno piovuto confusamente in valle, su quali presupposti o direzioni uno spurio addetto ai lavori mostri, e scriva, e dica di voler operare. I fatti - allo stato - li conosciamo: opportunismo, mistificazione, disinteresse fino all'ODIO, ipocrisia e bestialità. Non manca nulla. Meglio: non mancava altro. Lo trovo semplicemente penoso. I miei occhi almeno.
I commenti, i corsivi, i grassetti, le sottolineature di questa pagina sono esclusivamente mie, Claudio Leoni - che raccolse queste affermazioni in fieri - non c'entra per nulla. Il testo della tesi in originale della sua tesi NON riporta evidenziazioni speciali di alcun tipo, tranne qui e là, quando Claudio si trovava imbarazzato, parecchie "virgolette".
Buona lettura.



AVVISO IMPORTANTE per il sig. Danielis Giovanni, che incontrai in diga lo scorso 8/9 ottobre...

... dove mi disse - tra altre cose - di non essere per niente d'accordo sui alcuni miei punti di vista come espressi (e firmati, perdio) in questa pagina. Disse che la sua mamma 'soffre e piange': aspetto la sua mail da pubblicare, come da accordi e da mia PROMESSA, senza commentarla ulteriormente eccetera. Ho chiesto, se possibile, di accompagnarla con una sua bozza del calendario dei corsi longarOnesi per "Informatori", cui terrei molto a partecipare una volta dal vivo. (Chissà mai che torni a BL per lavorarci, come Lui).
BENE, cioè MALE.
Disse che ogni tanto Lei ritorna (o chi per Lei) su queste pagine. Allora Le faccio rispettosamente notare che aspetto oramai da giorni di vederLa mantenere la Sua promessa, per poter mantenere a mia volta il mio impegno ... Ma qui non è arrivato ancora nulla. (Problemi col PC??)
Se anche mi scrive colla posta normale, è lo stesso: Tiziano Dal Farra,via Colloredo, 52/4 33010 Pagnacco (UD) Grazie!

P.S. = Mi faccia il favore di dirgli, quando vede il suo capo (che mi manda a dire attraverso amici comuni, da tre metri di distanza, che «anche la sua mamma ha pianto tanto» per QUESTA pagina del 2004 in cui ritengo anche lui un paraculo da competizione) di voler gentilmente essere un po' meno vile e/o di fare lo stesso, se ha qualcosa da dirmi. Doppie grazie!



CAPO-INFORMATORE VAJONT «FAI da TE»???

(Tratto da "La Memoria del vajont", la tesi di Claudio Leoni. La sua ottima, equilibrata tesi si puo' leggere a capitoli online QUI. Chi preferisce il file intero (1,1 MB PDF), deve puntare QUI)

... [...]

"L'organizzazione" della memoria unisce o divide?

Per decenni, il principale scopo dell'unico comitato organizzato esistente, il Comitato Superstiti Vajont, presieduto attualmente da Guglielmo Cornaviera, era stato la lotta per la giustizia e per l'ottenimento dei risarcimenti "dovuti" alla popolazione sinistrata.
Nel corso degli anni si sono conclusi i dispendiosi procedimenti giudiziari intentati dai pochi sinistrati che decisero di non firmare le transazioni proposte dall'E.N.E.L. inseguendo il riconoscimento dei propri diritti di risarcimento.
Infine, dopo la condanna della Montedison-Enel al risarcimento dei danni patrimoniali e morali arrecati al Comune di Longarone, nel 1997, un decreto firmato nel Luglio 2000 dal Presidente del Consiglio Giuliano Amato ha chiuso definitivamente la spinosa questione con un versamento di 77 miliardi di lire al comune sinistrato.

Risarcimento...
Ottimo spunto, il "risarcimento". I soldi sono piovuti in tasca a questa amministrazione, ai miei occhi certo la meno titolata e soprattutto la meno credibile a riceverli. Ma su questo ambito decideranno la Storia ed altri soggetti.
A me allora preme sottolineare due aspetti:
- questi soldini (pochi, tardissimo e maledetti) sono stati "sbloccati d'imperio" dall'allora presdelcons Giuliano Amato. Resta da capire, e qualcuno glie lo dovrebbe pur chiedere, se intendeva davvero o no che il Comune li redistribuisse oppure semplicemente se li intascasse. In altri termini, la "motivazione formale esatta", e esaurientemente spiegata magari per iscritto, dal firmatario originale. Poi, le stesse domande, magari tutti intorno a un tavolo, girarle ai destinatari veri.
Quello che pensano i destinatari finali, quelli che hanno sofferto sulla loro pelle, lo sappiamo da 41 anni. (Lo sfratto del 2004 va pertanto considerato un "dippiù", un omaggio della premiata Ditta.)
- i soldini sono stati partoriti da una condanna in seguito a un vergognoso processo all'italiana che ha fatto scuola, su cui sono stati scritti quintali di libri e numerose fesserie (vedi Buzzati, Montanelli, Bocca prima maniera, Gervasoni ed altri). I più fortunati tra chi legge questa pagina avranno certo
letto Passi e Canestrini, oltre a Merlin e alla Vastano.
E proprio la Lucia Vastano, riprendendo un filone di giornalismo-denuncia che purtroppo la morte della Tina Merlin interruppe, rileva e sottolinea che i soldini in realtà NON sono MAI arrivati, dove così nobilmente Amato 'indicava'... Eccetera, eccetera.
Una volta ricostruiti i paesi distrutti dalla furia dell'acqua ed ottenuti i risarcimenti da parte dei colpevoli, il tema del "risarcimento" ha potuto scemare dietro a quello ben più importante della "memoria" di quanto accaduto.

Io la vedo così: l'amministrazione corrente (eterodiretta, e riconfermata democraticamente) incassato il fortunoso malloppo e soprattutto dovendo mostrare di fare qualcosa, non dimenticando il business dei cari estinti comincia a promuovere come risorsa turistica il disastro (Grazie, Paolini, e grazie, Corona!) chiamandolo innovativamente "Informazione" o "progetti di Prevenzione/collaborazione".
0Incredibilmente, dimostrando ognuno un certo tasso di pessimo gusto e di ottima ipocrisia, viene formata una "Fondazione" che intreccia gli eredi del colpevole, del mandante, e delle vittime in un (turpe? geniale?) connubio, collo scopo dichiarato della barzelletta dello "studio dei pendii": attività questa che milioni di trekker praticano ogni giorno dall'età della pietra senza lucrarci e senza puntare per questo a finanziamenti pubblici dedicati. Non mancano i riferimenti e qualche briciola (di facciata) per la conservazione e distorsione della "memoria".

Se uno ha letto anche di striscio gli autori suaccennati, ha il sapore di una beffa, per non dire di peggio. È un po' come se gli eredi di Brusca, Provenzano, di Falcone e Borsellino attuassero tra loro una "onlus" (senza offesa per le onlus VERE!) per discettare degli ultimi ritrovati esplodenti sullo sfondo, 'naturalmente', della conservazione della memoria dei morti di mafia. Il tutto con fondi e una legge ad hoc appositamente elargiti dalla nobile Regione Sicilia.

I fondi pubblici veneti decretati nella stessa sede della SADE (palazzo Grassi, a Venezia) sono a termine, però. Putacaso le prossime elezioni 2006 dovessero favorire l'attuale opposizione, questo empio cenacolo si estinguerebbe automaticamente, e buonanotte. Diversamente... chi avrebbe il coraggio di far terminare questi pii 'studi'? Probabilmente - alla faccia di morti e sopravvissuti, e nuovamente con fondi pubblici che finora TUTTO il Vajont ha macinato: diga, vittime, processi e 'risarcimenti' compresi - sarà un gioco da ragazzi ri-finanziarla. Geniale: come le società alle Cayman e chi ne fa uso.
Una vera chicca di onlus: declinata in salsa SADE, più due rinnegati o tre per Contorno. E io che credevo che gli effetti speciali del Vajont li avesse inventati Martinelli: come spesso capita, la cruda, banale realtà supera ogni immaginazione e nausea.

Paolini per primo ha "investito" su questo tema "nuovo", quello della "memoria" diffusa. Per un tessuto sociale variegato come quello Longaronese, composto da superstiti e non, l'arrivo di queste quantità di denaro (inserito nel clima di "risveglio" della comunità sinistrata) hanno stimolato ulteriormente idee circa le possibilità del suo impiego in vari progetti per il benessere della popolazione, e naturalmente verso la valorizzazione della memoria dell'evento per cui erano stati devoluti.
(Di nuovo l'equivoco del "decreto Amato"....)
Questa situazione ha purtroppo generato ulteriori novità, conflitti e divisioni: i sopravvissuti, così come le amministrazioni comunali, hanno creato nuove organizzazioni per tutelare interessi divenuti per loro importanti in maniera "diversa", primo tra tutti la valorizzazione della memoria.
Perchè una memoria che dovrebbe accomunare i superstiti, e che li ha da sempre fatti sentire "diversi" da coloro che non hanno provato quell'esperienza, ora invece finisce, in un certo senso, col "dividerli"?

Giovanni Danielis si esprime in questo modo circa la "divisione" creata dalla memoria:

"La Memoria del Vajont per qualcuno rappresenta un marchio distintivo, un modo di sentirsi diversi dagli altri, forse migliori, per aver sofferto più degli altri ed aver subito uno shock indiscutibile, che a distanza di quarant'anni non accenna a rimarginarsi.
E grazie a lui (e a quelli come lui) non basteranno neanche i prossimi centoquaranta.
"Migliori"? "Diversi"?
Questo poveretto non ha ancora realizzato che i Sopravvissuti NON hanno nè scelto, nè fatto nulla per poter diventare "migliori" come intende ed è ridicolo e imbecille per chiunque potersi fregiare di un "distintivo" del genere dopo esser passati da una tragedia del genere. Il FATTO che siano oggettivamente e umanamente migliori di lui - e quello che scrive lo CONFERMA - lo urta. E ne soffre, il poverino, ma questo è un SUO problema: perchè vomitarlo, scaricarlo sulle vittime?
Complesso - che capisco e approvo - di inferiorità?
Percezione di non sentirsi o sapersi all'altezza del tema? Sospetto (o certezza) di essere una sacrosanta nullità?
È questo il caso di quelle (poche) persone di cui le accennavo in passato, che non riesco a condividere perchè forse non vogliono li si condivida.
Bravo, usa il forse. Lo uso anch'io: forse sei solo un pirla. Fors'anche peggio. Comunque, una grande ammissione e glie ne va dato atto: "non riesco". Ne sono certissimo.
A differenza del consigliere Danielis, che lo approva (fosse stato per lui, mi ha detto personalmente, neanche glie l'avrebbe data, la stanza), io uno sfratto ai sopravvissuti non l'avrei mai nemmeno immaginato, a Longarone.
Ma la Memoria del Vajont è anche un collante, che avvicina tutte le persone sensibili che si trovano a contatto per svariate motivazioni con questa realtà, ed il cui fine è 'non dimenticare'. Sono perfettamente d'accordo che non tutti i 'nuovi' longaronesi condividono l'interesse alla storia del proprio paese, non ne sarebbero interessati neanche altrove, presi da altri impegni o passioni. Ma per vivere in un paese bisogna vivere il paese, la sua storia e qui in special modo, perchè Longarone ha bisogno di ricostruire le sue radici e non è qualcosa che si può fare in qualche anno".
Con questo tipo di ragionamenti, non sarà grazie a lui che il miracolo si compirà.
Incidentalmente, lui medesimo fa parte dei "nuovi", quelli che hanno (lui, certamente!) "svariate motivazioni": di ego, è fuori discussione. Bisogna solo capire quanto sia utile al "Vajont" (o a Longarone) questo tipo di requisiti.
Lo stesso Danielis è un esempio di questo modo di "sentire" il Vajont anche non essendo uno scampato alla tragedia. La sua è la storia di un "bambino non sopravvissuto", ma esponente di una "categoria" di persone che, sebbene non direttamente toccate dalla tragedia, hanno finito con il venirne fortemente sensibilizzati e resi partecipi, sentendosi spesso "testimoni" di essa quasi al pari dei veri superstiti.

Qui Claudio si 'attorciglià un po', ma lo spirito si coglie ugualmente. Io il concetto "bambino non sopravvissuto" lo leggo immediatamente come un "bambino morto", e nel caso in oggetto lo associo a un 'morto di fama'... Degno di nota anche il passaggio «sentendosi "testimoni" di essa quasi al pari». Esatto. E in quel "quasi" si esaurisce l'equivoco. Con tutta la miglior buona volontà né Danielis, né altri potranno MAI avvicinarsi al 'sentire' di un VERO sopravvissuto del Vajont. Non ne hanno (non ne abbiamo, nessuno di noi) la FACOLTA'.
Se si definisse un "testimone" sarei più accomodante. Sono anch'io un "testimone": di porcate e di cazzate incredibili. Ma a differenza Sua, raccontare e soprattutto raccontarMI balle, a me ripugna.
La storia che segue è quella di Giovanni Danielis, consigliere comunale e responsabile del servizio Informatori del Vajont:
"Pur non essendo un superstite nel senso stretto della parola,
Oh, nemmeno in senso larghissimo, se è per questo. Al massimo, un 'figlio di fortunati' che - a differenza dei Sopravvissuti - l'onda l'hanno schivata. Come successe ai genitori dell'attuale sindaco, ben al sicuro e lontani dal Piave, nel granducato di Igne. I Danielis erano dei nomadi professionali, come milioni di altri. Capita di norma a magistrati (la quasi totalità, tranne uno), a militari, emigranti, etc.
Le posso raccontare la mia esperienza: nato nel '64 ed in pratica vissuta tutta l'infanzia ed adolescenza tra Castellavazzo e soprattutto Longarone, mi sono sempre sentito uno 'straniero', probabilmente qualcuno mi faceva sentire così.
Il quadro si chiarisce. Nato al sicuro, famiglia 'giusta', al momento giusto (a un anno e a centocinquanta km dai luoghi della catastrofe), gli andava di traverso l'ambiente indigeno.
I miei genitori non erano di qua e, come qualcuno Le ha riferito meglio di me, nei primi anni Longarone viveva il Vajont e la sua tragedia solo a livello ufficiale (politica e giustizia) ed in maniera intima per quanto riguardava i superstiti. Come altri ragazzi della mia generazione, appena ho potuto ho cercato lavoro altrove, nel mio caso ad Udine dove sono nato e dove ho parenti, fuggendo da un paese che ero arrivato quasi a detestare: ricordo che i primi anni facevo fatica a tornare a trovare i miei.
Già, povero. Che ribrezzo. Troppo circondati da 'montanari ignoranti', il signorino.
Solo dopo dieci anni ho sentito il cosiddetto 'richiamo della forestà ed ho preso armi e bagagli per tornare ad abitare a Longarone:
Posso capire quello che trovò il Danielis in trasferta, ma sorvoliamo. Credo di poter indovinare perchè si è rifiondato a casa da mamma in seguito: diciamo per ... 'problemi soggettivi ambientali'.
... per coincidenza era la primavera '97 (ho avuto la fortuna di esserci, ad ottobre '97 presso la diga, a vedere Paolini). Qualcosa dentro mi stava maturando al punto da lasciarmi coinvolgere nella vita pubblica e politico-amministrativa del paese
... il che non guasta ...
fino al punto di occuparmi della Memoria del Vajont:
... che è sempre infinitamente meglio che lavorare per davvero e doversi confrontare quotidianamente con gente magari (infinitamente) piu' capace ...
passo passo ho scoperto che anche i miei, anche se non lo andavano sbandierando in giro, potevano collocarsi in qualche modo tra i "superstiti".
Grettezza e cinismo che si palesano.
Non credo intelligente attribuire alla sig.ra Micaela Coletti (o ai Sopravvissuti) di "sbandierare" alcunchè. Per tutta una serie di motivi che sfuggono a Danielis e a tutti (tutti) quelli come lui, è la cosa peggiore, l'ultima da sentirsi di dover "sbandierare". Ma forse vuole intendere che "rivendicano da 41 anni giustizia e magari scuse", che è ben altra cosa.
Piuttosto trovo loffio e gaglioffo che un altro grande uomo longaronese (il suo capo, per capirci) "sbandieri" a volte sulla scrivania la foto del cadavere di un cuginetto mai conosciuto a guisa di 'credenziale', il che mi ricorda altre stronzissime recite ottobrine del medesimo (ma ognuno a Longarone mostra quello che puo'... o che è, o che ha). Nello scritto di Danielis si puo' ravvisare una sorta di complesso. Purtroppo per la maggior parte di noi e dei turisti del Vajont, questo tizio fa "l'informatore". Ma se le cosiddette informazioni sono di questo tenore, e su queste basi ...
Non meno stupefacente l'affermazione seguente: "potevano collocarsi in qualche modo tra i superstiti". Evidentemente - altra cosa che sfugge al Nostro - i genitori erano piu' onesti e retti di lui. Non così parecchi altri, vedi p. es. un sovrastimato 'scrittore ertano'.
Questo perchè avevano abitato fino a pochi mesi prima della tragedia in quella casa di fronte al municipio di Longarone che si vede tagliata a metà nelle prime foto.
Minkia. Ed eccolo qua, UNO dei possibili motivi (il principale o il secondario, non cambia) dello SFRATTO: due piccioni con una nostalgica fava. Un favore tra colleghi, insomma, se si riferisce a 'quella'.
Si erano trasferiti poi a Forno di Zoldo perchè mio padre, capocantiere della Italdecos di Udine, stava ricostruendo la strada tra Longarone e Zoldo.
Ecco perchè oggi possiamo godere di queste sue «informazioni» e delle sue ciniche balle... si trovavano nel luogo giusto. Diciamocela chiara: che culo galattico!
E dev'essere principalmente per questo che i suoi "non sbandierano". Se lo facessero, lo avessero mai fatto, probabilmente farebbero ridere o semplicemente pena, senza mettere in conto qualche raffica di ceffoni dai paesani (veri) del tempo. Il sano dubbio pare non sfiorare minimamente il Nostro, ma bisogna farsene una ragione: non ci arriva proprio, dice.
A farsi nominare "Responsabile" però sì, che c'è arrivato... Ed è come se l'ultimo dei pisquani spiantati che passano (senza offesa per gli spiantati) qualche pazzo dalla sera alla mattina ce lo mettesse davvero, a fare il costruttore di ponti, o l'astronauta. Uguale.
Quella tragica notte mio padre fu uno dei primi ad essere svegliati perchè c'era l'idea che fosse crollata proprio quella strada: partito con escavatori e camion alla volta di Longarone, non era rientrato a casa che la sera dopo, preso con i suoi collaboratori all'opera di ripristino delle vie di comunicazione e di recupero delle salme. E solo lo scorso anno, per una coincidenza dato che come consigliere comunale ho accesso a qualche archivio, ho trovato forse l'unica foto in cui mio padre appare tra i soccorritori: non l'aveva mai vista nemmeno lui!
Paraculo. «Poter visionare qualche archivio»: una cosa in sè banale, che diversi comuni mortali di Longarone (appunto perchè mortali e magari VITTIME vere) vorrebbero poter fare come lui ...
Da quanto ho scritto può capire perchè ho tanto a cuore la Memoria, e perchè non la considero una cosa elitaria.
Chi va in giro a declamare la differenza fra sopravvissuti e superstiti (che dovrebbero essere sinonimi) vuole egoisticamente affermare la propria unicità,
(E sarebbe il Comitato, quello ad aver bisogno di "aiuto psicologico"??)
ma i giovani alpini di leva o gli scout che si sono ritrovati per la prima volta di fronte ad una realtà cruda e tragica della vita, subendone shock inguaribili, non sono meno superstiti di quanti abitavano qui".
Questa poi...
Io credo che Danielis sia in perfetta buona fede, quando cerca di accomunare nello stesso calderone giovani alpini, scout (?), e 'quelli che abitavano qui' (dunque lui, per estensione) coi sopravvissuti.

È superfluo far notare che tutti i soggetti che cita, pur avendo riportato magari choc piu' o meno profondi eccetera, poi SONO TORNATI A CASA LORO, trovando il conforto e le cure di chi li aspettava, e la loro casa al suo solito posto.
Non così (sotto nessunissimo aspetto!) i sopravvissuti o chi 'abitava lì DAVVERO'.
Tanta STUPIDITA', colla medesima buona fede è "sbandierata" da una moltitudine di altri individui. Altra gente che non si rende conto di cosa gli esce dalla bocca, o dalla penna, e genera solo ulteriori DANNI.
Come due (o più) torti non fanno un merito, due o tre(cento) balle del consigliere e del Suo Sindaco NON fanno una verità: eccovelo qua, un "Informatore del Vajont", anzi - udite udite! - "IL RES-PON-SA-BI-LE" dell'Informazione del Comune di Longarone. Uno che ti mette aspiranti superstiti (e se stesso, chiaro), Sopravvissuti e boy scouts sullo stesso piano, nello stesso minestrone. Penoso, ignorante, superficiale, rivoltante. Cinico senza vergogna.

Fondazione_vajont_Onlus.jpgSe ho ben capito, riassumendo:

  • Pur sapendo perfettamente di non esserlo, come il sindaco, di non entrarci neanche di striscio col "Vajont" se non per averlo sentito nominare, si atteggia (Parole Sue, amen) "in qualche modo a Superstite", accampando similitudini assurde e su queste basi costruendosi uno 'status'. Ridicolo. Patetico. Ma trendy, fa molto "Longar One".
  • È e resta un immigrato, a cui Longarone (paese) non puo' importare di meno (immaginarsi i vecchi, altrui). Un signor nessuno: casuale, fuggitivo, recidivo, opportunista, profittatore, la cui famiglia non ci ha perso nulla. Longarone, quand'era piccolo gli stava potentemente sui maroni. Ma oggi puo' cavarsi diversi sfizi, ricambiarla cogli interessi (metaforici e non) e rider$ela di gu$to. Perdipiu', assieme al degno boss, se la ridono a carico del contribuente: la catastrofe, tra i vari effetti collaterali e per la nota legge di Murphy ce li ha appioppati.
    Anzi: siccome al peggio non c'è mai fine, «li HA appioppati» ai Sopravvissuti.
    Troppa grazia! io dico che una SADE, nella vita, già bastava e avanzava, ai longaronesi VERI ...
  • La vergogna, il senso del ridicolo, la dignità ed il rispetto non fanno parte del suo bagaglio culturale.
    Questi suoi concetti sarebbero dovuti finire - per essere dimenticati - in un ristretto consesso accademico, quindi ha pensato (sic!) e scritto al meglio delle sue possibilità: quello che esce da quella testina è francamente micidiale. Poveri morti.
    Ma poverissimi i vivi, tranne i 'Superstiti della Pro Loco', categoria vaga e cedevole - occorre leggersi bene lo statuto - in cui egli si sente, e a ragione, maggiormente suo agio. Ci conferma che i Sopravvissuti hanno ragioni da vendere, quando tengono - loro malgrado - a sottolineare e distinguere nettamente determinati concetti. Poveretto.
  • Contrariamente alla tendenza generale che scopre, premia e valorizza opportunamente le diversità e peculiarità locali (p. es. vini, cose tipiche D.o.c., festival, fiere, tradizioni), egli - testina - va esattamente in direzione opposta: 'siamo tutti superstiti' suona fésso come un 'siamo tutti omologati, non ci sono differenze!'.

    Culturalmente ignobile e difficilmente dimostrabile, a Longarone questa affermazione del Nobel degli informatori si rivela inapplicabile per una ragione elementare: c'è chi su questo disastro ha fatto carriera come lui (o fortune) e chi invece, incolpevole, ha perso tutto e nel senso piu' atroce del termine. Entrambe queste categorie, si sono ritrovate tali per l'operato di consolidate mafie politico-affaristiche (un FATTO penalmente, storicamente, documentalmente ACCLARATO) e tuttora operanti, 'anche grazie' a Lui. Il resto è chiacchiera.
    Facile intuire per quale delle due tifa il consigliere Danielis, in coro col Suo Sindaco a raccontarci che le cose sono tonde, anche se nella realtà quotidiana sono, restano e soprattutto si vedono distintamente quadrate.

Aggiungo ancora qualche brano della tesi per completare alcuni temi toccati sopra:

Nel 2000 è sorta la nuova "Associazione dei Superstiti del Vajont", affiancatasi al meno recente Comitato Superstiti. Essa "[...] nasce da un sentimento di dolorosa comunanza fra i superstiti di una delle più gravi catastrofi dell'età contemporanea, ne esprime e rappresenta la vocazione di solidarietà e memoria. [...]".
"Costituiscono finalità dell'Associazione:

a) Lo svolgimento di attività volte a:
- mantenere viva la memoria del Vajont, attraverso iniziative che esaltino i valori morali, civili, sociali e ambientali che la tragedia richiama, con particolare attenzione verso studi, ricerche, testimonianze, divulgazioni e proposte progettuali, di riconosciuto valore morale e simbolico;
- rappresentare le finalità e le istanze dell'Associazione dei superstiti nelle comunità e presso le istituzioni competenti, in particolare esprimere pareri e proposte, nonchè formulare programmi e progetti, di propria iniziativa o su richiesta, ai Comuni o ad altri Enti, in ordine ad argomenti o problemi relativi al disastro del Vajont;
- promuovere rapporti di collaborazione e di solidarietà tra i superstiti, anche attraverso il sostegno a situazioni e problematiche legate alla tragedia;
- intrattenere rapporti di scambio e di collaborazione con Enti ed Associazioni aventi analoghe finalità;

b) La formulazione dell'elenco dei superstiti del Vajont".

La memoria però rievoca un'esperienza individuale, non più portatrice di interessi unitariamente "comuni". I problemi che questo "risveglio" del tessuto sociale comporta sono legati anche all'elaborazione della tragedia, avvenuta ed interpretata in modi differenti.
La risoluzione dei bisogni non può più giustificare una presa di decisione "comune", accordata sulla base di necessità materialmente impellenti. Il contesto è ora ben differente da quello che aveva caratterizzato l'unità dei superstiti in seguito alla catastrofe. Allora ogni decisione era importantissima e doveva essere presa subito. Non tutti naturalmente erano totalmente d'accordo, ma il desiderio di rinascita era sufficientemente forte per accomunare gli scampati ed abbattere le divergenze in nome di una rapida ripresa.
Sono passati 40 anni ed il paese è stato ricostruito nelle case e nella popolazione. Non c'è più quell'urgenza, nè questa comunanza tesa verso la "rinascita": la situazione è tornata tendenzialmente "normale". Quello che non è cambiato è naturalmente il passato, il ricordo, la memoria appunto.
In un paese ove i superstiti sono sempre meno, ma continuano ad essere quelli più legati e più sensibili, come è ovvio, alla memoria della tragedia, le differenti esperienze vissute sono strettamente legate a quelli che sono considerati i bisogni presenti e futuri e sono sentiti in modo diverso da alcuni superstiti rispetto ad altri. Ognuno ha una sua visione, derivante anche dall'esperienza vissuta sulla propria pelle.
Anche questo ha contribuito alla nascita di due associazioni dei superstiti, le quali non sono in "lotta" tra di loro, ma semplicemente rispecchiano modi differenti di voler raccontare il proprio passato, la propria esperienza e di considerare il futuro del paese secondo le proprie esigenze.
La memoria del Vajont diventa così un terreno di polemica anche "morale" sul modo di essere interpretata, valorizzata e finanziata, così come i problemi che da essa derivano siano differenti e richiedano soluzioni differenti.

Sulla scia di questa motivazione, nel 2001 è nato un nuovo comitato: il «'Comitato per i sopravvissuti del Vajont', con lo scopo di solidarietà e sostegno morale e psicologico alle persone sopravvissute alla tragedia del Vajont, nonchè il fine di diffondere la conoscenza e conservare la memoria dei fatti accaduti[...]». Da molti è ritenuto un comitato "troppo polemico" verso l'amministrazione comunale, da altri invece il comitato più "passionale e viscerale".

Nello statuto del Comitato è riportato, all'articolo 3, il seguente testo:

"a) Il Comitato non persegue fini di lucro.
 b) Esso persegue il fine della solidarietà e del sostegno morale e psicologico alle persone sopravvissute alla tragedia del Vajont, nonchè il fine di diffondere la conoscenza e conservare la memoria dei fatti accaduti.
A mero titolo esemplificativo, il Comitato potrà organizzare manifestazioni, mostre, convegni, dibattiti, incontri, anche presso le scuole; promuovere studi, ricerche, iniziative editoriali; farsi promotore di iniziative presso gli enti pubblici".

Micaela Coletti, presidentessa del Comitato Sopravvissuti per il Vajont, in una mail inviatami spiega:

"[...] il primo comitato in assoluto è il comitato per i superstiti, che aveva come motivazione la commorienza di 600 vittime, quelle totalmente sparite, ma non è sortito nessun effetto ed oggi, anche se esiste ancora, in realtà non lavora più. La motivazione della nascita del nostro comitato è che ci siamo resi conto che nessuna amministrazione, nessun politico, ha mai lavorato o favorito nessuna delle nostre problematiche per cui, se volevamo che qualcuno si accollasse la nostra situazione e portasse a termine le nostre speranze di una giustizia, non potevamo che essere noi stessi.
Sicuramente l' 'effetto Paolini' tra le varie cose, ha anche risvegliato un'anima ed una coscienza addormentata ma, e parlo almeno per noi, niente c'entra il risarcimento dalla Montedison anche perchè i 'famosi' 77 miliardi erano esclusivamente per il Comune come 'perdita delle 2000 vittime'! Questi soldi sono stati e continuano ad essere gestiti soltanto dal sindaco e dalla amministrazione comunale di Longarone".
Le due associazioni nate hanno dato vita a quella che è la "distinzione" tra i "superstiti" (Associazione Superstiti) ed i "sopravvissuti" (Comitato Sopravvissuti), da molti considerati "alla pari", ma da alcuni intesi in modo differente per motivi che sono di seguito enunciati:
"[...]È una cosa che è fondamentale. Sembra che sia una cosa di poco conto, mentre... generalmente uno dice ok superstiti e sopravvissuti sì sì è la stessa cosa ...è una differenza che è fondamentale.
Allora: il superstite è quello che comunque era al lontano dalla cittadina, era del posto, è ritornato e non ha ritrovato più niente. Poteva essere lontano per 1000 motivi, per lavoro, per non lavoro, insomma: non ha nessuna importanza. Quello che comunque si è trovato senza un paese, ma che però fisicamente in quel momento non c'era.
Il sopravvissuto, come noi, invece era nel posto in quel momento ed è stato tolto proprio dalle macerie, da sotto terra, per cui sopravvissuto vuol dire 'sopravvivere', vivere 'al di fuori', nonostante tutto.
Per cui la distinzione penso proprio sia determinante[...]L'opinione comune è quella che 'son tutti uguali'. Allora siamo tutti superstiti, perchè comunque siamo 'sopravvissuti' a un 'qualcosa'.
Poi ci sono i superstiti che sono superstiti ed i superstiti che sono 'anche' sopravvissuti, perchè anche noi 'abbiamo perso tutto'."
La "memoria" quindi, tornata a galla, ha creato una condizione apparentemente "assurda": proprio quell'elemento sulla base del quale una "non comunità" come quella longaronese aveva tentato, in precedenza, di fondare una identità collettiva comune, ora è divenuta un terreno di "scontro" o almeno di "difficile" incontro per gli stessi membri dell'ormai ridottissima "comunità superstite".
Soprattutto per chi non è partecipe diretto della realtà longaronese, l'impressione immediata che può darsi ai due "schieramenti" è quella di due opposte fazioni delle quali una (Associazione Superstiti) a favore del "governo" ed una (Comitato Sopravvissuti) contraria, nel senso che una collabora regolarmente con l'amministrazione comunale, l'altra è spesso in polemica ed opposizione, ognuna con i suoi buoni motivi.

Nelle presentazioni del libro di Lucia Vastano intitolato "Vajont. L'onda lunga" i presidenti di queste due associazioni esprimono il loro pensiero. Ecco che cosa pensa Renato Migotti, presidente dell'Associazione Superstiti del Vajont:

"[...]
A volte però è difficile far capire a chi viene da fuori che la tragedia non si è consumata in una notte soltanto, ma ha esteso i suoi effetti nel tempo. La tragedia del Vajont deve diventare una grande lezione per tutti. Dal Vajont si potrebbe imparare molti, in diversi campi[...]Il disastro del Vajont non riguarda solo l'esiguo gruppo di superstiti che hanno vissuto in prima persona quelle dolorose vicende, ma fa parte di una storia collettiva che racconta di gravi errori dell'uomo perpetuati negli anni, del sacrificio di migliaia di innocenti, di sofferenze indicibili. È quindi doveroso investire nella memoria, affinchè l'uomo rispetti la natura anzichè sfruttarla per meschini interessi materiali. Che il Vajont sia un monito anche per le future generazioni".
La presidentessa del Comitato per i Superstiti del Vajont, Micaela Coletti, a sua volta dà la sua impressione:
"Per la gente che non ha vissuto il dramma di quella frana, il 9 ottobre è un giorno qualsiasi che viene tutti gli anni. Noi, che abbiamo ferite non ancora rimarginate, il Vajont lo riviviamo tutti i giorni.
Qualcuno ha detto che molti di noi fanno di professione i superstiti. Ma essere superstiti non è una scelta, non è neanche qualcosa che ti puoi lasciare alle spalle[...]Per decenni molti di noi sono stati zitti, ci sono ancora superstiti che non hanno mai parlato di quello che è successo a loro e alle loro famiglie, nemmeno con i loro figli.
Nessuno ha mai sentito come un dovere civico andare a farsi raccontare la loro storia, per aiutarli a buttar fuori quello che hanno dentro, ricordi marciti che fanno solo male se tenuti inespressi, ma anche per raccogliere pagine importanti della storia del nostro Paese.[...]Longarone è un luogo speciale, con problemi speciali, gente speciale.
Molti di noi superstiti non sono persone facili da trattare.
Di questo me ne rendo conto perfettamente. Ma siamo noi il Vajont. Ci sono silenzi che fanno molto comodo.
Io vorrei che prima che tutti noi morissimo si raccogliessero le testimonianze anche di chi non ha mai parlato perchè anche il loro dolore, è Vajont. E poi, e poi c'è davvero il "dopo Vajont" da raccontare. Una seconda strage perchè per vari motivi, di Vajont si muore ancora. Un po' alla volta, per un tumore o un infarto, a causa dell'inquinamento ambientale, per una crisi depressiva, o per solitudine.
Che cosa significa essere superstite di una tragedia voluta dall'uomo? Proprio questo: essere soli, prima, durante e dopo. Purtroppo questa pena non è toccata soltanto a noi, vittime della diga".

La spaccatura tra "superstiti" e "sopravissuti" di cui si parla, analizzata più approfonditamente recandosi sul luogo, porta ad una comprensione più precisa del modo di considerare la "memoria" da parte dei superstiti la quale, nonostante le polemiche, continua ad accomunare le opposte "fazioni" ed i suoi rappresentanti.
Distaccatisi per un solo attimo dalla congiunzione tra la memoria e le problematiche locali interne, essi si reputano tutti "tasselli di uno stesso grande mosaico che è la vicenda del Vajont, con tutte le sue differenti sfaccettature umane".

E quelle umanoidi in omaggio, aggiungo io.

Tiziano Dal Farra, Pagnacco (Udine).

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Materiali sul "Vajont", di SOPRAVVISSUTI VERI, cliccando QUI.

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