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Mercoledi' 5 Ottobre 2005 -

OGGI RICEVIAMO e ben volentieri PUBBLICHIAMO:



Nel marzo dello scorso anno, sollecitata da un gruppetto di superstiti del Vajont, mi sono recata a Longarone per ascoltare, come giornalista, l'ennesimo sfogo relativo alle ultime prevaricazioni e offese nei loro confronti da parte delle autorità politiche locali.

Nel corso di quella riunione nacque l'idea di dare voce alle richiesta (da anni sulla bocca di tutti, ma mai esplicitamente espressa) di chiedere ai diretti responsabili della strage (Stato, Enel e Montedison) scuse formali per le 2000 vite rubate la notte del 9 ottobre 1963.

Si diede così avvio ad una raccolta firme (che allego) con l'intento civile di colmare un'imperdonabile lacuna che nel corso degli anni ha devastato la società civile colpita e l'ha privata di un diritto fondamentale per ogni cittadino: la fiducia nella capacità e nella volontà dello Stato di dare loro giustizia.

La raccolta firme ha suscitato un'incomprensibile ostilità e diffidenza da parte delle amministrazioni locali che inspiegabilmente hanno sentito la necessità di prenderne le distanze, anche nella consapevolezza che l'iniziativa raccoglieva consensi unanimi da parte della popolazione locale e anche di tutti quei cittadini, italiani e non, sensibili alle tematiche trattate.

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Minacce, insulti, pubblici e privati sono arrivati nei riguardi della mia persona e del gruppo di superstiti promotori dell'iniziativa. La casella dell'ufficio postale presso la quale arrivavano le firme è stata danneggiata.

Una decina di giorni fa sul mio cellulare ho ricevuto la telefonata da parte della Questura di Belluno che mi chiedeva delucidazioni circa lo scopo della raccolta firme. Io dichiaravo che non vi era altro scopo che quello espresso nel testo, senza alcuna possibilità di fraintendimento.
Alla mia domanda sul perché del loro interessamento mi veniva risposto: «perché se ne parla molto». Facevo notare che anche di calcio se ne parla molto, ma questo non solleva in alcun modo l'interesse della questura.
Mi venivano fatte altre strane domande. Alla fine mi venivano richieste le mie generalità. A questo punto ho chiesto:
- che il richiedente si presentasse personalmente
- che mi venisse detto chi aveva dato avvio a questo interessamento

Alla prima domanda la persona si è presentata come Antonio De Bona della Digos.

Mi sono rifiutata di fornire i miei dati telefonicamente. De Bona mi ha lasciato il suo numero di telefono della questura di Belluno.

Alla mia sorpresa circa l'interessamento della Digos ad un'iniziativa come quella della raccolta firme per la memoria del Vajont, in un primo momento il De Bona mi faceva capire che a lui era arrivata questa richiesta e che lui faceva solo il suo dovere, ma che appurato che non c'erano problemi avrebbe chiuso lì la questione. Mi informava peraltro che anche gli altri promotori dell'iniziativa avevano avuto la sua visita.
Il giorno successivo ricevevo un'altra telefonata dell'agente che mi sollecitava a fornirgli telefonicamente i miei dati o a confermargli quelli che lui aveva. Ho risposto che la prima volta che sarei passata da Belluno avrei senz'altro avuto il piacere di passare a conoscerlo e glieli avrei forniti personalmente.

Lui insisteva che se gli davo subito i miei dati poteva chiudere la questione.

Non rispondeva però alla mia domanda per sapere da chi era partita la richiesta di accertamenti sulla raccolta firme.

Facevo per altro notare che la richiesta aveva connotati intimidatori nei miei riguardi e in quello degli altri promotori che tra l'altro non facevano parte di nessun comitato, associazione, partito, ma erano semplicemente un gruppo di cittadini che rivolgeva con civiltà e rispetto una richiesta quanto mai condivisibile.

L'interessamento della Digos è l'ultimo atto di una serie infinita di fastidiose ingerenze nel mio lavoro di giornalista che segue le vicende del dopo Vajont (Il mio libro «Vajont, l'onda lunga» è stato fatto ritirare dai banchi della fiera di Longarone dal suo presidente che lo ha definito «una sconcezza» senza che però mi sia mai arrivata una querela per le denunce e affermazioni, per altro sempre documentate, riportate).

Stranamente l'interessamento della Digos nei miei riguardi, a sei mesi dall'avvio della raccolta firme, si manifesta neanche una settimana dopo che ho dato avvio ad una seconda inchiesta che riguarda la zona interessata dalla strage del Vajont: l'inquinamento ambientale nel bacino del Piave, le violazioni alle leggi ambientali in materia di smaltimento rifiuti tossici e all'impressionante incidenza di tumori e leucemie nella popolazione più giovane.

Lucia Vastano, Milano



mafieVajontDa leggere inoltre:

- per digos, 1

- per la digos, 2

- per la digos 3

- Sempre per la digos, e quant'altri interessati, il debutto longaronese del libro "L'onda lunga" nel 2003.


Tiziano dal Farra, webmaster.
Fonte: se non specificato nel testo, mie ricerche, Google, libri. Mio archivio documentale, testimonianze dirette.
Per quanti interessati: io sto qui**, e saro' in diga personalmente l'8 e il 9 ottobre.

(**= pagina indirizzi online dal febbraio 2002)