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Originale su www.lagazzettadelmezzogiorno.it/
Lo scandalo Lockheeddi Nicola Mascellaro, dalla "Gazzetta del Mezzogiorno" del 19/04/2006 Dopo l'affare Watergate, che alla fine ha portato un Presidente degli Stati Uniti alle dimissioni, l'America è pervasa da una ventata di sana onestà. Il nuovo presidente, Gerald Ford, che per una di quelle incredibili coincidenze della storia è l'immagine personificata dell'onesto montanaro - alto, tozzo e goffo, faccione tondo, predilige camice di flanella a scacchi rossi e blu, prende capocciate di continuo e spesso finisce ruzzoloni - ha ordinato decine di commissioni d'inchieste, parlamentari e senatoriali, allo scopo di ripulire l'Amministrazione pubblica profondamente inquinata dalla corte del suo predecessore Richard Nixon. In particolare, vengono passate al setaccio le grandi aziende multinazionali alla ricerca di 'fondi occulti' usati per pagare tangenti.
Una di queste commissioni, quella presieduta dal senatore democratico Frank Church, indaga sulla mastodontica industria aeronautica Lockheed, costruttrice, fra l'altro, di veri e propri gioielli come l'aereo da trasporto Hercules C 130 unanimemente riconosciuto, ancora oggi, come uno dei più sicuri aerei da trasporto dell'aviazione mondiale. All'inizio degli anni Settanta, i C 130 hanno un mercato alquanto limitato. Sono enormi per le necessità dei paesi europei e, per di più, costosissimi. Ma per l'industria americana, abituata a perseguire successo e arricchimento senza porsi vincoli morali, ungere ruote, pagando tangenti, non rappresenta alcun ostacolo e Frank Church scopre che la Lockheed, di ruote, ne ha unte parecchie. Quando la stampa comincia a rivelare vita e miracoli di Camillo Crociani l'opinione pubblica è sbigottita. Com'è che un semplice dirigente pubblico possiede appartamenti, ville, palazzi, una sfilza di Mercedes per i piccoli spostamenti, un elicottero e addirittura un aereo privato? Da piccolo trafficante di residuati bellici, Camillo Crociani, nel dopoguerra, fonda un'impresa molto lucrosa che lo introduce negli ambienti degli alti comandi militari. Negli anni Sessanta lo si ritrova Presidente della GULF, una grande compagnia petrolifera, un altro ramo del commercio ricco di prospettive economiche e politiche. Infatti, grazie a generosi contributi alle casse delle Segreterie dei partiti, Crociani, passa dall'industria privata a quella pubblica divenendo, all'inizio degli anni Settanta, Presidente della Finmeccanica, un Ente di Stato dotato di grandi mezzi finanziari e di cui Crociani si serve solo per fini politici poiché, personalmente, si è già costruito un impero.
Dotato di non comuni capacità imprenditoriali, Crociani, ha saputo sfruttare al meglio uomini e situazioni (ricorda niente?? n.d.r.). Colpito da mandato di cattura per l'affare Lockheed, si scopre che a suo carico erano già in corso altre indagini: per commerci non del tutto limpidi con le Forze Armate - pare che abbia rifilato all'Esercito una grossa fornitura di materiale elettronico difettoso - e per presunte tangenti ai partiti durante la sua gestione ai vertici della compagnia petrolifera. Per i dirigenti della Lockheed insomma, Camillo Crociani è l'intermediario ideale per l'affare che vogliono proporre e concludere con il Governo: è perfettamente ammanigliato sia con gli ambienti militari che con quelli politici. Ed è proprio verso il ramo politico che si sposta l'inchiesta della Magistratura.
All'inizio ci sono solo voci, sussurri, indizi, ma presto vengono fuori anche i nomi. Il 29 gennaio 1977, la stessa commissione delibera di non doversi procedere contro Mariano Rumor mentre, invece, per Gui e Tanassi è la messa in stato d'accusa. Il 3 marzo, in concomitanza con l'apertura del dibattito a Camere riunite, precipita, in provincia di Pisa, proprio un Hercules C130 causando la morte di 44 allievi dell'aeronautica militare. L'opinione pubblica è sgomenta. S'insinua il sospetto che gli americani abbiano versato tangenti non solo per venderci aerei di cui l'Italia non aveva bisogno, ma soprattutto per affibbiarci dei 'bidoni'. La verità, e la conferma di quanto vanno dichiarando esperti di varie fonti, è data proprio dall'incidente di Pisa: a causa delle difficoltà di avere pezzi di ricambio dei 14 aerei acquistati solo 5 sono in grado di volare, mentre gli altri nove vengono usati come magazzini di stoccaggio per i ricambi.
La tragica scomparsa di tanti giovani, riaccende le polemiche sia sull'opportunità di acquistare i mastodontici Hercules C130 che sulla volontà reale del Parlamento di mettere sotto accusa Gui e Tanassi. Richieste di rinvio a giudizio, da parte della commissione inquirente parlamentare, ce ne sono state tante in passato, ma non era mai accaduto che la Camera le autorizzasse, ministri e parlamentari ne erano sempre usciti indenni. Ora, però, le cose sono diverse, il quadro politico è diverso e risulta chiaro, più o meno a tutti, che il dibattito parlamentare, più che accertare o convincere il Parlamento delle responsabilità personali di Gui e Tanassi, si è trasformato in un processo contro i partiti di appartenenza dei deputati inquisiti, contro il così detto regime che...come frutto - dirà Moro - vi è la più alta e la più ampia esperienza di libertà che l'Italia abbia mai vissuto nella sua storia. Che i giochi siano fatti, come si usa dire in politichese, lo dimostra il fatto che la gran parte del dibattito parlamentare si svolge in un'aula semideserta. Tuttavia, c'è grande attesa per gli interventi di Moro e Saragat che si sono assunti il compito di 'difendere' Gui e Tanassi. Sono gli unici che potrebbero far pendere la bilancia in loro favore scavando nelle coscienze dei singoli. Perciò, il 9 marzo, l'aula di Montecitorio è stracolma di deputati e senatori. Inizia Saragat che ha subito uno scatto d'ira verso i tanti che ancora si attardano in capannelli «...onorevoli colleghi, qui non siamo al cinematografo, invito i distratti ad uscire!» Saragat, più che portare prove a discarico di Tanassi - che non nomina quasi mai - denuncia... «un clima di colpevolismo ingiustificato, assurdo, che investe anche uomini di alto intelletto e di alta moralità e, polemizzando soprattutto con i componenti comunisti della commissione inquirente... nella relazione vi abbiamo trovato errori di logica e deviazioni», conclude affermando che «i due 'imputati' non hanno commesso i fatti loro addebitati». Di ben altra natura e portata il discorso di Moro durato oltre due ore. Dopo aver fatto la storia degli acquisti dei famosi Hercules, Moro analizza la relazione della commissione inquirente mettendo in luce che «l'atto d'accusa del relatore comunista, senatore D'Angelosante, è piuttosto settario e malizioso... ogni fatto riferito all'on. Gui, il più normale, il più giustificato, acquista la fisionomia di una diabolica macchinazione. Coloro che conoscono Gui da più di trent'anni, stenteranno davvero a riconoscerlo nella squallida e falsa immagine di tessitore d'intrighi e di percettore di tangenti, l'accusa contro di lui è costruita sul vuoto... non solo le prove non esistono ma gli stessi indizi sono così labili, così artificiosamente costruiti, così arbitrariamente interpretati, da ritrarne la sensazione amara di un decisione pregiudiziale». Per Tanassi, Moro avrà parole di stima che neppure l'anziano Saragat ha pronunciato: «...lei on. Tanassi ha in quest'aula prevenuti ed implacabili accusatori, ma anche colleghi che credono nella sua dirittura morale e la stimano». Poi, Moro, passa a ciò che ritiene la vera ragione del dibattito parlamentare, la messa sotto accusa del «...nostro così detto regime: rifiutiamo l'accusa che in noi tutto e tutti siano da condannare ...a chiunque voglia fare un processo contro di noi, morale e politico, da celebrare nelle piazze, noi rispondiamo con la più ferma reazione e con l'appello all'opinione pubblica, che non ha riconosciuto in noi una colpa storica e non ha voluto che la nostra forza fosse diminuita. Abbiamo certo commesso anche errori politici, ma le nostre grandi scelte sono state di libertà e di progresso ed hanno avuto un respiro storico, tanto che ad esso deve ricondursi chiunque voglia operare efficacemente nella realtà italiana.» Applausi, mugugni, grandi manifestazioni di stima per l'uomo e lo statista, ma Moro non riesce a fare breccia in quella manciata di coscienze che avrebbero potuto impedire la messa sotto accusa di Gui poichè, per quanto riguarda Tanassi, non c'era scampo. A favore di Gui votano compatti DC, PSDI e Democrazia nazionale, il troncone uscito dal MSI; mentre anche questi ultimi ed il MSI votarono tutti contro Tanassi creando un serio imbarazzo alle forze di sinistra.
Già a questo punto, lo scandalo Lockheed è enorme. Ma quando voci, sospetti e illazioni continuano a circolare sul Capo dello Stato... "sulla persona - aveva detto Moro - alla quale, nel rispetto del Paese, è stata affidata una così alta funzione", l'affare Lockheed assume la forma di una valanga.
Mentre cadono, per lo stesso scandalo, teste coronate ed ex primi ministri - in Olanda il principe consorte Bernardo, dovrà rinunciare a tutte le cariche pubbliche ed in Giappone viene arrestato l'ex premier Tanaka - la stampa italiana mantiene continuamente desta l'opinione pubblica sul personaggio più misterioso di tutta la vicenda: 'Antelope Cobbler'! Il primo marzo 1979, il presidente della Corte Costituzionale, Paolo Rossi, dopo 23 giorni di camera di consiglio, legge un verdetto che non ha precedenti negli annali della Repubblica parlamentare e della Magistratura: Mario Tanassi, ex ministro e deputato in carica, viene condannato a scontare in carcere 2 anni e quattro mesi per corruzione aggravata con la decadenza da parlamentare. Stessa pena ai fratelli Lefebvre e a Camillo Crociani che, invece, si gode beatamente la sua fortuna in Messico fino al 16 dicembre del 1980 quando muore per un cancro. Un anno e nove mesi al generale Duilio Fanali e assoluzione piena per l'on. DC Luigi Gui... Ha pagato il più debole, commenta amaramente Tanassi che, a differenza degli altri imputati, non ha mai ammesso di aver ricevuto e preso tangenti.
L'assoluzione a Gui (Assolto, un reo confesso!, n.d.r.) farà tornare alla memoria il dibattito parlamentare e l'appassionante difesa di Aldo Moro a favore non del parlamentare DC ma dell'uomo che, fra i pochi, godeva della sua stima: "Noi sappiamo che quest'uomo non merita di essere ulteriormente giudicato".
Ritagli di giornali, libere opinioni, ricerche storiche, testi e impaginazione di: Tiziano Dal Farra
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