MATERIALI e DOCUMENTI per LA STORIA DEL DOPOVAJONT

a cura di Agostino Amantia (puoi scaricare questo minisito zippato, cliccando QUI...)


- INDICE -


SUPERSTITI E TESTIMONI RACCONTANO IL VAJONT

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Volume a cura di Ferruccio Vendramini, edito dal Comune di Longarone

Intervento di Giancarlo Santalmassi

Longarone, 22 dicembre 1992

   Nella sala del Centro culturale "Ferruccio Parri" di Longarone è stato presentato il volume «Superstiti e testimoni raccontano il Vajont», pubblicato dal Comune di Longarone in collaborazione con l'ISBREC. La pubblicazione rientra nel quadro delle manifestazioni per il trentennale del Vajont, sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica.
Di fronte ad un numeroso pubblico, il volume, composto da una antologia di testimonianze orali sul prima e sul dopo Vajont, ha riscosso interesse ed approvazione. Hanno parlato il Sindaco Gioachino Bratti, l'assessore alla cultura Bruno De Michiel, il curatore del libro F. Vendramini ed il giornalista televisivo Giancarlo Santalmassi, attuale capostruttura di RAI TRE.
Si riporta qui di seguito l'intervento di quest'ultimo.



0Torno qui a Longarone, dopo esserci stato all'indomani del disastro, e provo una certa commozione: la prima cosa che ho voluto rivedere è stata la diga, perché, nel ricordo di quella sera, quando si seppe dell'accaduto da un affannoso accenno di un carabiniere di una stazione isolata (prima che le linee telefoniche saltassero), le voci iniziali ne davano il crollo. Poi si è capito che era stata fatta benissimo, ma nel posto più sbagliato del mondo.

* * * *

Esiste un problema di ricordi, di memoria, di memoria individuale, la cui somma dà poi la memoria collettiva: di fronte a più televisioni, che ripetono la stessa immagine, più e più volte, su diversi canali - solitamente è unico l'operatore che va sul posto e riprende l'avvenimento -, di fronte a tale meccanismo che porta all'assuefazione (chi può ormai distinguere le macerie di Baghdad da quelle di Sarajevo, chi, se si vuole, la melma che ricopre la valle del Piave da quella della val di Tesero), quella che conta è la memoria individuale, che non è commemorazione o rievocazione, ma nascere-crescere-svilupparsi in un certo modo.

Fra le pieghe del ricordo, da quel 9 ottobre 1963 riemerge un'ltalia retta da un governo così detto balneare; un governo cioè che nasceva subito dopo un'elezione (all'epoca le legislature si facevano intere...): dopo 5 anni, si andavano a vedere i numeri per riassestare o promuovere alleanze. Ma ciò richiedeva tempo: il voto a giugno, da cui un governo "provvisorio", di transizione; il governo vero e proprio solo con l'autunno, quando le trattative politiche erano maturate. Ebbene, quel giorno di ottobre, qui a Longarone venne Giovanni Leone, Presidente del Consiglio di un governo balneare, diventato poi Presidente della Repubblica.

Il processo per il disastro si fece all'Aquila. Per la strage di Piazza Fontana si scelse come sede Catanzaro: non voglio fondere tutto in una sequenza concatenata di tragedie (ogni fatto va esaminato, pesato singolarmente), ma c'è modo e modo per un Paese di amministrarsi, di far sentire i cittadini membri di uno Stato... all'epoca succedevano le cose "più strane": la RAI era unica, c'era un solo canale... e c'era il programma «A ZETA: un fatto, come perché» (qualcuno lo ha ricordato).
La puntata inaugurale di quel settimanale televisivo doveva ri guardare il Vajont. Accanto al momento della tragedia, emotivo, commovente, si voleva riferire come si fossero attribuite le responsabilità ed i risarcimenti, non solo quelli monetari.
Io seguivo il processo all'Aquila, mentre un collega della RAI di Milano, Bruno Ambrosi (lettera), avrebbe registrato le reazioni alla sentenza. Montato il numero, il reportage, il Direttore dell'epoca lo vide dal primo all'ultimo fotogramma senza dire una parola: quindi, con un colpo secco, fermò la moviola, prima che la pellicola si sfilasse, e disse che era il più sconvolgente pezzo di televisione che avesse mai visto.
"Peccato che non andrà mai in onda", continuò poi... e così la Televisione si inventò per l'occasione che non si doveva parlare di procedimenti giudiziari aperti, ancora in corso. Se qualcuno ha la memoria storica, io l'ho perché ero dentro al fatto, ricorderà che questo servizio di «A ZETA» poté andare in onda solo dopo la sentenza di Cassazione...

Conservo nella memoria molte immagini di Longarone... ricordo una scala, veniva dal nulla e finiva nel nulla, una scala che sembrava sospesa sull'apocalisse, con i gradini slabbrati... ricordo un anziano che attraversava la corrente del Piave, ormai calmissimo, sembrava un profeta, un San Cristoforo, si sosteneva con un legno - immagini che hanno fatto il giro del mondo -, ma ricordo anche, del processo, l'interessantissima sfilata di testimoni e di testimonianze... e la parte civile, che per avere un perito non ricattabile, che fosse di parte vera, della parte giusta, non della proprietà, si dovette rivolgere all'estero.
Questo, è bene che i giovani conoscano, il meccanismo delle consulenze: un legame, un filo sottile che tutti collega, a perdersi nei meandri più impensabili; così, con grande stupore, alla fine della catena ci si può scoprire agganciati ad una realtà non gradita.

Non so se ai giovani è dato sapere il perché di questa ondata che ha scavalcato la diga. Era il '63: si stava attuando la nazionalizzazione dell'energia elettrica. La SADE, Società adriatica di elettricità, era la proprietaria dell'impianto idroelettrico. Pertanto rientrava fra le aziende da nazionalizzare. Cosa voleva dire? Non certo un'operazione alla sovietica, con i sequestri, le requisizioni; si trattava piuttosto di pagare un indennizzo, un prezzo per un impianto che avesse un determinato valore. Ed il prezzo di una diga segue le stesse vicende del prezzo di un'automobile, così i parametri di questa, (velocità, consumi...) diventano, per quella, redditività e produttività: se il livello dell'acqua all'interno dell'invaso è elevato, si produce più elettricità.
Cominciò allora, come qualcuno bene ricorda in questo bel libro, un balletto di innalzamento/abbassamento del livello dell'acqua. Si scoprì che quando si alzava, l'acqua, per capillarità, si infiltrava in un letto di argilla, che, essendo impermeabile, costituiva, proprio in senso letterale, il letto ideale per lo scivolamento di una parte del monte... La SADE non poteva permettere che il neonato ENEL pagasse poco uno sforzo industriale così ardito, quale questa opera dell'ingegno e dell'ingegneria italiani. Proprio in un documentario sulla costruzione della diga, che riportammo in A ZETA, il progettista affermava: «Ogni operaio che avrà lavorato qui potrà dire con orgoglio: io c'ero».
Non si voleva dunque svendere la diga, di qui la tragedia (è un "già visto" in molte vicende d'Italia, mor.len-Li rivissuti di una storia che per fortuna sta cambiando). E per finire questo percorso della memoria, ricordo le polemiche che si innescarono quando di quel Presidente del Consiglio di un governo balueare, che era venuto qui calcando le macerie e dicendo sarà fatta giustizia, lo studio legale difendeva gli imputati all'Aquila... non so quanti se lo ricordino, ma vedete il valore della memoria storica, vi fa "crescere diversamente".
È per questo che faccio rilevare l'importanza del libro: perché racconta com'era il paese. Esistono tanti volumi sulla questione del Vajont, ma farebbero tutti una figura eccellente in una biblioteca di geologia, accuratissima, che fa scuola... l'Italia è piena di cose che fanno scuola, come quando il piccolo Alfredo cadde nel pozzo di Vermicino: di lì è cambiata improvvisamente la protezione civile, visto tutto quello che non aveva funzionato. Ci sono sempre delle cose che fanno scuola: il Vajont è una di queste.
L'assessore De Michiel ha pronunciato più volte una parola, che dovrebbe colpire soprattutto voi giovani: "comunità". Ebbene, la ferita inferta a Longarone non sarà mai più rimarginata: nel 3993 Longarone avrà una storia di 2030 anni. non di 3993, perché quel giorno di ottobre è stata cancellata una parte che nessuno può ricostruire, e che però si può ricordare leggendo queste pagine.

Erano almeno 15 anni che non venivo in questo Comune; dopo le polemiche della ricostruzione, oggi, quel cemento armato, che certamente non era il ridente opus incertum delle tipiche case di montagna della zona ornate di gerani, non lo vedo più duro come una volta.
La comunità di Longarone ha ripreso un suo spirito, una sua fisionomia, a fatica naturalmente, però... ho conservato la bozza del libro perché riporta tanti appunti, tante considerazioni che ne fanno veramente un documento di interesse filologico, direi, per esempio: le professioni dell'epoca. C'erano dirigenti di fabbrica, meccanici, gelatieri, gelatai, che facevano i pendolari, all'estate andavano altrove, e all'inverno tornavano: una storia durissima anche di emigrazione, ma nobile. Camionisti, autisti, boscaioli, impiegati delle industrie - che qui già c'erano - commercianti, commessi, contadini, amministratori, anche pubblici, insegnanti, professionisti, artigiani: questo fa un tessuto sociale, fa una comunità, e le parole fanno la comunità. È un po'come Spoon River, dove si fa la storia del villaggio attraverso le scritte sulle lapidi; queste testimonianze sono una cosa straordinaria.
Uno dice: ero emigrato qui, ma non da lontano, dalla valle di Zoldo, e parlare zoldano per me voleva dire non farmi capire... e io non capivo il longaronese, per cui per mesi mi sono sentito come escluso; poi naturalmente tutto questo è stato superato... Altri raccontano di un clima di simpatie e di antipatie attorno alla figura del parroco... capite di quali valori è fatta una comunità? non so se oggi è possibile parlarneancora in questo senso. Erano altri tempi; non si poteva uscire senza le calze, si veniva bacchettati sulle mani se le maniche della camicia finivano sopra al gomito, invece che al polsino... Qualcuno ricorda la vivacità politica di Longarone, quella continua alternativa politica al Comune (la stessa di cui si parla a livello nazionale, ma che non c'è mai stata perché c'era Mosca e c'era il PCI): una volta la giunta a direzione democristiana, un'altra volta la giunta con i partiti della sinistra... un grande ricordo per Celso, il Sindaco, una forte simpatia per Plattner, quello della ferramenta, che era capace persino di insegnarti l'italiano.

Si andavano ancora ad acquistare i biscotti rotti, perché costavano meno di quelli interi... se avessimo imparato a comprare quei biscotti, di fronte alla crisi di oggi... ha lo stesso sapore, anzi, forse c'è più gusto perché prendiamo lo stesso prodotto e lo paghiamo meno... e c'era il ballo, al caffè Roma. Pare che fosse un ballo celebre, venivano addirittura i sottufficiali da Belluno.

Ecco, la "comunità". Chi ci può dire che oggi sarebbe stata la stessa, se non avesse subìto quel trauma? Forse ho parlato troppo a lungo, ma solo per dirvi che i miei sentimenti, qui, stasera, sono di straordinario onore per essere stato chiamato in questa occasione, un onore di cui sono grato a tutti voi.


Ci sono stati poi alcuni interventi fra il pubblico presente alla riunione, al termine della quale è seguita la distribuzione del volume.

(deregistrazione e sintesi riassuntiva di Fabio Zuliani;
il testo non è stato rivisto dall'oratore)


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CONVEGNO VAJONT, 1993


CONVEGNO SUL 'DOPO VAJONT' A LONGARONE

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Il 3 ottobre u.s. si è tenuto a Longarone il convegno «L'urbanistica nel Dopo Vajont» promosso dal Comune di Longarone, dal Collegio e dagli Ordini degli ingegneri e degli architetti di Belluno, oltre che dal nostro Istituto.
Pubblichiamo qui il saluto portato dal nostro presidente, Gilberto Zuliani rimandando, per il resto, alla lettura degli atti, che dovrebbero essere prossimamente pubblicati.

Non vogliamo essere rituali nel portare a questo convegno il saluto fraterno dell'Istituto storico bellunese della Resistenza e dell'età contemporanea, ma intendiamo ribadire il nostro convincimento che «il fare storia», l'analizzare cause ed effetti dei fatti, è l'atto più qualificante della vicenda umana e della nostra presenza di testimoni del tempo. Che poi i campi di interesse e le prospettive di indagine siano autonomi e specifici, è comunque la dimostrazione di una coralità di intenti che qualifica chi riesce a vedere globalmente i problemi ed affrontarne le risoluzioni senza essere portatore di tesi precostituite o particolari, in una visione culturale complessiva, che è umanistica e tecnica ad un tempo.

Di questa dimostrata consapevolezza ringraziamo tutti i presenti, le autorità politiche ed amministrative - dal Sindaco di Longarone ai preposti alle amministrazioni provinciale e regionale - i responsabili dei Collegi e degli Ordini professionali del settore ed i rappresentanti dello Stato e delle Comunità. È con vivo compiacimento e gratitudine che ricordiamo le tappe più significative di questa vivificante collaborazione:

- l'incontro del 7 maggio 1992, d'intesa col Distretto scolastico n. 3 di Belluno sull'insegnamento della storia contemporanea, dal titolo «Il Vajont dimenticato»;
- il convegno odierno «L'urbanistica nel dopo Vajont»;
- la pubblicazione entro la fine dell'anno, di un volume di testimonianze da noi curato insieme al Comune di Longarone e al grafico Eronda;
- infine la celebrazione, sempre per la eletta sensibilità del Comune e sotto l'alto patrocinio del Presidente della Repubblica, del trentesimo anniversario della catastrofe, non solo nei risvolti sociali, economici ed urbanistici della ricostruzione ma anche come atto dovuto al ricordo ed al monito.
Motivi e riferirmenti per i quali - dal canto nostro - continueremo ad operare, umilmente ma fieri dei nostri valori, con la probità intellettuale, il rigore scientifico e lo scrupolo storico che sono consentiti dalle nostre possibilità.

Buon lavoro a tutti,

Gilberto Zuliani



0 Fonte: "Protagonisti", rivista edita da ISBREC (BL) e reperita attraverso la biblioteca dello IFSML di Udine, che ringrazio.

E precisamente:
A. Amantia, Materiali per la storia del Dopo Vajont,
semestrale «Protagonisti»,
XIII (1992), 46, pp. 31-49; 47, pp. 54-68; 48, pp. 48-56;
XIV (1993), 50, pp. 29-39; 51, pp. 19-33; 52, pp. 7-18.

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