"Il fatto che un'idea sia ampiamente condivisa non significa che non possa essere completamente assurda."
(George Bernard Shaw)

"... e venga il tuo Regno".

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«E lo chiamarono Vajont...»

Di questa abominevole "idea" esistono - mi risulta - due versioni.
La prima (grazie, "maestre") che sarebbe quella "autoctona" dei bimbi, eccetera ("Toc e Acqua", Istituto Comprensivo di Longarone, 2003). E l'altra derivata qui presente: quella "ritoccata" e taroccata, e patinata e poi immessa in commercio - grazie anche a 7.200 Euro di finanziamento elargiti da amministrazioni mafiose nel «quarantesimo» - da questi signori citati a lato.
Erano stati originariamente stanziati addirittura 18.000 Euro per questo chiamiamolo "progetto" dal mafioso Comune di Longarone targato De Cesero Pierluigi. Un Comune malavitoso che rappresentava in questa mangiatoia/concorso truccato contemporaneamente l'Alto Patrocinatore, il destinatario, il giudicante delle opere presentate e il percettore/sperperatore dei relativi fondi pubblici.

Nella prodigiosa messe di CRIMINI, omertà e costose porcherie (tutti prodotti di mafia) e fuffe melmose, e sfregi che il Vajont rappresenta per i secoli, questa - a mio parere insulsa CAZZATA - si distingue per sublime inanità e nausea, ciononostante finanziata con soldi del contribuente ITALIANO, inclusi soldi drenati dalle tasche dei Sopravvissuti, tue e mie.
- Come si puo' se non a Longarone arrivare a scovare qualcosa di "fiabesco" nel massacro premeditato di duemila innocenti?
- Come e dove, se non a Longarone, trovare il coraggio di propagandare in dei bimbi, sfruttandone degli altri, un'idea del genere?
- Come e dove, se non a Longarone , trovare la faccia tosta (il minimo che si possa dire) per ideare questo ulteriore sconcio, secondo solo a quello di giungere a "premiare" e a proporre per altri "premi letterari" una PORCHERIA simile? Come e dove puo' accadere se non a Longarone con l'avallo di un'amministrazione balorda e malavitosa, e giustamente definita "INDEGNA" fin nei verbali del parlamento?

Una sola elementare considerazione: se la strage mafiosa e pre-meditata del Vajont può essere declinata com'é STATO FATTO IMPUNEMENTE in «questa supposta-fiaba», non ci dovrebbe volere molto a escogitarne una per ridipingere la strage della "Scuola 1" di Beslan

... o per i bimbi e famiglie "sciolti" dal fosforo bianco di Falluja: altri due "incidenti naturali", o "fatalità collaterali" così come un filone letterario originato da illustri IGNORANTI (per non far nomi: Buzzati, Montanelli, Bocca) del Vajont ci suggerisce.

Solo a Longarone, ove si gioca ogni anno - abbastanza laidamente - dentro aiuole di OBLÌO condite con sassi dell'Himalaia e sabbie di Lampedusa in presenza di una folla di decerebrati e ignoranti, un abominio del genere è pensabile, realizzabile e additabile - udite! - a "arte" o "cultura".
Questa è solo un'altra sfaccettatura ignobile del perenne "monumento all'imbecillità" e alla RIMOZIONE.
Poveri morti di Fortogna, uccisi per l'ennesima volta, a ogni 9 ottobre, assieme alle scomode verità locali e nazionali sopraggiunte (Nassirya, Kabul, L'Aquila 2009, Ilva-Taranto 2012). Altre morti inutili e vergognose quasi come quelli che le hanno FAVORITE.
O casi scandalosi (di leggerezza e cupidigia umana) come quello della CROCE ROSSA Italiana, non a caso commissariata da vent'anni e - come il Comune mafioso di Longarone, perfetta metafora del Governo del Puttaniere di Arcore. Croce Rossa oggi ricettacolo di MAFIOSI e LADRI e MOBBIZZATORI.
Questo tipo di "cultura" rende piu' poveri e imbalsamati, e acritici (quasi) tutti noi.
«Il regno e quasi tutti i suoi abitanti scomparvero nel buio.»
Un messaggio che «vibra davvero oltre i confini dell'ipocrisia e dell'orrore».
Io dico che ci vuole del bel coraggio, o della demenza conclamata e sconfinata, a proporla e "selezionarla al premio Libro per l'ambiente".
Questo semplice fatto dovrebbe farci interrogare sulla supposta validità artistica e UMANA di alcuni premi letterari (caso Grinzane?), e di alcuni letterati (o presunti tali) chiamati "a giudicare"....

Firmato: Tiziano dal Farra


coronaFiglioDeiFiori"Se mai un giorno un solo brandello di queste piccole verità venisse detto da voci consacrate, nelle piazze, nelle assemblee di governo, allora quella voce diventerà rombo, si moltiplicherà, inarrestabile, sempre più in alto fino a nomi impronunziabili...
Così i vostri morti avranno sepoltura e la terra fresca della verità coprirà finalmente i loro corpi. Poi si leverà il vento e il contagio della menzogna sparirà."
[ Parole di Tiresia ]


La fiaba del Vajont, ideata dai ragazzi dell'Istituto Comprensivo di Longarone, offre sulla tragedia del 9 ottobre 1963 una chiave di lettura inedita e originale. In questi quarant'anni il ricordo indelebile del dramma ha segnato la Comunità con un dolore in bianco e nero. Il bianco della morte e delle Vittime innocenti. Il nero della spianata desolata, del nulla, del buco nero che ha cancellato d'un soffio il Capoluogo e i paesi intorno. Sono oggi gli occhi dell'infanzia a dare a questo dolore un colore diverso, che vibra oltre i confini dello spettro visibile dell'arcobaleno. Dall'amore del principe Toc e della principessa Acqua, dal loro estremo e mortale abbraccio nasce questa nuova, magica tinta.
È la luce che racchiude l'energia della speranza e il seme del futuro.
 
Luigi Dal Cin - Edizioni Fatatrac, Firenze

Un tempo, in un regno ai piedi dei monti, vivevano un re e una regina. Quel regno abbracciava prati, fiumi e boschi e più in alto abbracciava anche torrenti e montagne. Era un regno incantato per la sua bellezza. Il re e la regina abitavano in un grande palazzo costruito sulla riva del fiume. C'era un enorme portone all'ingresso e due guardie imponenti che lo difendevano. La gente coltivava i campi, accudiva il bestiame, e spesso andava nel bosco a tagliare la legna. Nelle piazze dei borghi i bambini si trovavano per giocare e i nonni, con la scusa di accompagnarli, ne approfittavano per incontrarsi e per raccontarsi storie antiche.

Il re e la regina governavano con saggezza e bontà. E spesso il palazzo reale veniva allietato da feste e balli. Il più delle volte si trattava di occasioni pensate appositamente per il principe. Infatti, sebbene nel regno andasse tutto bene, al re e alla regina era rimasta una preoccupazione. Una soltanto. Il principe Toc, il loro unico figlio, non aveva ancora preso moglie. Cominciavano a sentirsi invecchiare, e avrebbero tanto desiderato veder nascere l'erede del regno. " Tesoro mio, Toc" diceva la regina, "possibile che fra tutte le belle fanciulle che ti abbiamo fatto conoscere non ce ne sia una, dico una, che ti vada bene?". "E' vero mamma" sorrideva Toc " ognuna a modo proprio é bella! Ma il mio cuore non ha ancora cantato per nessuna di loro!". Il principe Toc sorrideva sempre. Aveva gli occhi scuri, come il bosco, che si illuminavano. Specialmente quando si trovava immerso nella natura o quando aveva la possibilità di aiutare qualcuno. Era gentile e generoso, per questo tutti lo ammiravano. Il principe Toc trascorreva le sue giornate a leggere e a scrivere. Voleva studiare per diventare un giorno un bravo re. Quando però passava per le piazze si fermava volentieri ad ascoltare le storie degli anziani. E amava andare a cavallo; ogni giorno raggiungeva il bosco e a volte da lì ancora più su, fino alla cima delle montagne. Immerso nella natura estraeva dalla bisaccia un taccuino ed una matita, e in solitudine con il cuore colmo di bellezza, scriveva le sue poesie. E poi le leggeva. Le sue parole trasportate dal vento accarezzavano le cortecce degli alberi, sfioravano i prati, lambivano i petali dei fiori, ed infine arrivavano alle orecchie dei folletti dei boschi. Che all'udirle sorridevano. I folletti gioivano delle visite del principe nel bosco; sapevano che il suo amore per la natura era simile al loro.

Un giorno, durante un'assemblea generale dei folletti convocata appositamente nel bosco, il folletto più anziano si tolse il cappello a punta color lampone, si schiarì la voce, si accarezzò la lunga barba bianca ed iniziò il suo discorso. "Cari folletti qui riuniti! Sarò breve. Come sapete tutti il principe Toc é una persona davvero speciale; ama la natura. E per questo la proteggerà sempre, come fosse uno di noi. Io, lo vedete sono ormai vecchio e con l'età le primavere sono più dolci, i voli delle farfalle sono più colorati e i boschi sono più accoglienti. Guardate lassù: le montagne sono maestose come non lo sono mai state! Il mio solo desiderio ora é che i nostri nipoti possano ammirare intatte queste bellezze. I genitori del principe Toc sono preoccupati poiché non ha ancora trovato una sposa. Perché non lo aiutiamo noi? Conoscete una ragazza adatta a lui? Se Toc avesse un figlio, sicuramente gli saprebbe trasmettere tutto il suo amore per la natura!". Nell'assemblea dei folletti piombò il silenzio. Erano tutti concentrati a spremersi le idee. Finché un bambino-folletto disse: "La so, la risposta! E' la principessa Acqua!". "Giusto!"esclamò il folletto anziano illuminandosi tutto in viso. "Acqua!"I folletti applaudirono. E iniziò, come di solito accade tra i folletti, un grande trambusto. La principessa Acqua, in effetti, non aveva mai preso parte alle feste al palazzo e non aveva mai incontrato il principe Toc. Quando era più giovane aveva trascorso giornate intere in biblioteca a leggere e a imparare cose nuove, ma poi sebbene la libreria fosse immensa, non era rimasto più nessun libro che non avesse letto. Allora aveva deciso che avrebbe imparato direttamente dai suoi sudditi. Trascorreva così le sue giornate con la gente. E da ogni persona imparava qualcosa. "Un po' di silenzio, prego!"disse il folletto più anziano. "Pensiamo ad un piano, un piano affinché le parole del principe Toc arrivino al cuore della principessa Acqua!". E mentre i folletti stavano animatamente organizzando il loro piano, nessuno si era accorto che un corvo nero, nero come la notte, li stava spiando tra i rami. Il corvo nero si alzò in volo e volò, attraverso boschi e nebbie ed infine giunse ad una fortezza.

fiabaVajontFaceBook2012
NULLA [del "Vajont"] è *mai* quello che appare ...
:::"Padre, perdona ad essi, perché non sanno quello che fanno! ":::
::::::: Zero Branco (Treviso) - Strumentalizzazione (in buona fede fin che si vuole) di bimbi innocenti e menti fragilissime, e acritiche. Non conoscendo [la parte adulta, attorno] nulla né "del Vajont", né del "testo" che vanno a rappresentare, né della vera natura del "contesto longaronese" che secerne "quest'opera"...
:::::::
La *vera* "Fiaba del Vajont" [a *mio* parere] è questa: http://www.vajont.info/teresaValle.html (e ci sta stampato, secondo me *non a caso*, visti determinati precedenti, < Questo libro è stato realizzato senza sfruttare il lavoro minorile > ...)
Era la fortezza della strega Superba, ed il corvo era il suo fedele servitore. La fortezza si trovava in una valle buia, sempre coperta dalle nebbie. In quella valle ormai non viveva più nessuno; nessuno era sopravvissuto. E per conquistarla aveva usato ogni sorta di arti magiche e di inganni; infatti sapeva far assumere al suo viso un'espressione gentile. Tra le mura della sua dimora, invece la strega rivelava il suo vero volto, un volto che incuteva terrore, e i suoi capelli cambiavano colore ogni mezz'ora. Quando il corvo nero entrò da una stretta feritoia, i capelli della strega divennero viola. "Vieni mio servo fedele!" sibilò la strega. "Cosa hai rubato per me oggi?" "Ho rubato delle preziose parole!" rispose il corvo. E le riferì tutto quello che aveva udito. La strega, non appena comprese che nel regno del principe Toc vivevano persone adatte al suo nutrimento, si incamminò in tutta fretta per raggiungere quei luoghi. Cominciava infatti a sentirsi debole, sentiva il forte bisogno di nutrirsi. Intanto i folletti avevano invitato la principessa Acqua ad una passeggiata nel bosco, sapendo che le piaceva molto stare in mezzo alla natura.

Acqua camminava leggera, osservava ogni cosa con i suoi occhi azzurri cristallo e stava in silenzio, attenta ai suoni del bosco. I lunghi capelli le scorrevano sulle spalle come l'acqua di un ruscello, e al collo portava una collana con una conchiglia che le aveva regalato suo padre di ritorno da un lungo viaggio per mare. Il principe Toc arrivò nel bosco puntuale come ogni giorno, scese da cavallo ed estrasse il suo taccuino e la matita. Cominciò a scrivere, leggendo ad alta voce. Acqua aveva ascoltato attenta, ed ora il suo cuore batteva forte. Sospinta dai folletti uscì allo scoperto, e senza far rumore si avvicinò timidamente al principe. Il principe si voltò e la vide e ne rimase colpito. Le parlò. Poiché gli veniva naturale parlarle. La ascoltò. Poiché gli veniva naturale starla ad ascoltare. E da quel momento il suo cuore cominciò a cantare di felicità sempre di più. Quel giorno nel bosco il principe Toc e la principessa Acqua si erano innamorati l'uno dell'altra. La strega Superba, intanto, era arrivata nel regno, e con le sue arti magiche stava cercando di prendere tutto quello che le poteva servire. Ma nonostante i suoi sforzi e i suoi inganni, non riusciva ad impossessarsi della cosa per lei più importante: le anime buone degli abitanti di quei paesi. La strega allora prese in fretta una decisione. Poiché le sue forze stavano ormai venendo meno, si sarebbe nutrita dell'anima più buona di tutte, quella del principe Toc. La strega si diresse decisa verso il palazzo reale mentre il sole all'improvviso veniva coperto da nubi nere. Schioccò le dita ed immediatamente le guardie divennero di pietra. Schioccò le dita ancora e l'enorme portone del palazzo si aprì.

Entrò e si diresse verso la sala del trono. Lì trovò il re e la regina e li minacciò. "Gravi sciagure si abbatteranno su questo regno se il principe Toc non accetterà di sposarmi!". Poi con un altro schiocco di dita, si trasformò in un cane nero, ringhiò e balzò via nel buio. Il re e la regina erano sconvolti, spaventati per le sorti del regno e per il futuro del loro figlio. Non appena il principe Toc arrivò a palazzo, i suoi genitori lo misero al corrente della minaccia della strega. " Ma io non posso sposarla!"disse "io ora amo Acqua, ora che l'ho incontrata. Ho atteso tanto, e in lei é come se avessi trovato l'oro. Ha fatto cantare il mio cuore, non posso separarmi da lei!". Il corvo nero che aveva ascoltato le parole del principe volò dalla strega Superba e riferì. La strega diventò verde dalla rabbia; schioccò le dita e comparve sospeso in aria un enorme libro. Sfogliò furiosa le pagine, finché posò il dito contorto su una formula magica e con un sorriso sinistro sibilò:"E' questa!". Si sentì subito nell'aria che qualcosa di terribile stava per accadere. Perfino i ragni e i topi che di solito le stavano vicini, si rintanarono spaventati. La strega si diresse rabbiosa verso il palazzo. La gente, a vederla passare per strada, sentiva un strano freddo e si chiudeva in casa. Superba entrò nel palazzo. Le si fece incontro il principe Toc. "Te lo chiedo per l'ultima volta"disse la strega con gli occhi furiosi""Sei deciso a sposarmi?"Attento però a quello che dirai, é l'ultima possibilità!". "Ne sono certo" le rispose il principe Toc "non posso proprio sposarti. Io amo Acqua!".

La strega allora in un impeto d'ira, alzò le braccia, chiuse forte gli occhi e trasformò il principe Toc in una montagna. Che ora si elevava imponente alle spalle del palazzo. Poi con la stessa furia trasformò Acqua, colpevole di aver conquistato il cuore del principe in un torrente. Ma Acqua, trasformata in torrente, poteva ancora correre e correva e scappava, e il rumore che faceva scorrendo sembrava quello di una risata. Sembrava stesse ridendo dei poteri della strega. Allora Superba, sempre più infuriata, trasformò il re e la regina in una gigantesca diga perché Acqua fosse intrappolata per sempre. Così la principessa divenne un lago; ora tutto immobile. E diviso. C'era silenzio. In quell'istante il principe Toc venne sopraffatto dal dolore e tentò disperatamente di abbracciare Acqua. E si gettò verso di lei. Ci fu un gran boato. Si creò improvvisa un'onda, un'onda immensa. Il re e la regina con tutte le loro forze cercarono di proteggere il paese, ma l'onda scavalcò la diga. Il regno e quasi tutti i suoi abitanti scomparvero nel buio. Superba non riuscì nemmeno questa volta a prendere le loro anime. Acqua le accolse proteggendole dietro la diga.

La strega senza più nutrimento perse tutti i suoi poteri. E gridando si dissolse per sempre. I folletti avevano sentito il grande boato dal bosco. Corsero, e corsero giù verso il paese, ma lo trovarono distrutto. Allora riunirono i sopravvissuti e piansero tutta la notte. Perché quella notte era così buia che non restava nient'altro da fare. I folletti ed i sopravvissuti si stringevano l'uno all'altro, e quando venne l'alba videro la desolazione fino all'orizzonte. Insieme, senza dire nulla, cominciarono a raccogliere le macerie. E proprio tra le macerie trovarono un bambino appena nato. Sporco di fango.

Non piangeva nemmeno. "Forse ha già consumato tutte le lacrime che aveva"disse qualcuno. Lo raccolsero. Il bambino aveva gli stessi occhi azzurri di Acqua e lo stesso sorriso di Toc. Allora tutti capirono. Era il figlio nato dall'ultimo abbraccio del principe Toc con la principessa Acqua. Nel vederlo, chi piangeva trattenne una lacrima. E tutti, piano piano, ripresero coraggio e voglia di vivere. E lo chiamarono Vajont.

Longarone il giorno prima
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Clicca sulle immagini per ingrandirle
(foto fornitemi dal Comitato Sopravvissuti del Vajont - Longarone, che ringrazio)


APPROFONDIMENTI:

- il link da dove ho tratto il TESTO.

Cosa ne diceva (pagina oggi sparita, fatalità) la Longarone ufficiale. Pagina alternativa, la «Fiaba del Vajont», letture ad alta voce.

Cerca su "Google"....

- Leggi cos'é stato, il "Vajont".

E guarda.


* BASTARDI *...

Leggi cosa sono stati capaci di inventarsi per il "festival" del Quarantesimo (2003), un anno prima di SFRATTARE i Sopravvissuti.
«E' quasi come in Sicilia, mi creda; a Longarone si configurano gli elementi tipici della mafia.
Non è questione di partito 'A', o 'B'; c'è un determinato giro fatto di poche persone all'interno del quale non entra nessuno. Il potere è in mano a costoro, cinque o sei persone a Longarone, e poi qualche diramazione fuori, cioè altre persone nei posti giusti, perché un sistema del genere non può sopravvivere se non c'è corruzione».

Fonte: Giampaolo Pansa, sul Corriere della Sera del 9 ottobre 1973; sta riportato sul libro della Vastano.

fatatrac


  


Ai navigatori. Queste sono tutte pagine "work-in-progress" (modificabili nel tempo) e puo' essere che qualche link a volte non risulti efficiente, soprattutto quelli obsoleti che puntano (puntavano) a dei siti web esterni. Scusate, e eventualmente segnalatemelo indicandomi nella mail la pagina > riga > link fallace.

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Ritagli di giornali, motivazioni e libere opinioni, ricerche storiche, testi e impaginazione di Tiziano Dal Farra - Belluno, 3396503360 -->> tiziano@vajont.info (se non diversamente specificato o indicato nel corpo della pagina)

« VOMITO, ERGO SUM »

Fortogna:
nella foto sotto, il *Giardino delle bestemmie* attuale, un fal$o TOTALE dal 2004: un falso storico, fattuale, e ASSOLUTAMENTE IMMORALE da 3,5 mln di Euro. Un FALSO TOTALE e oggettivo - a cominciare dai FALSI cippi «in marmo di Carrara» - targato *sindaco De Cesero Pierluigi/Comune di Longarone 2004*.
Oggi questo farlocco e osceno «Monumento/sacrario» in località S. Martino di Fortogna riproduce fedelmente in pianta e in miniatura, come un parco "Italia" di Viserbella di Rimini, il campo "B" del lager nazista di Auschwitz/Birkenau. Fantastico, no? ed e' la verita' verificabile ma se solo ti azzardi a dirlo o far notare le coincidenze, sono guai. $eri. Perché... qui in Italia, e soprattutto in luoghi di metàstasi sociale e interessi inconfessabili perenni come la Longarone 'babba' ... «la Verità si può anche dire. Ma però che non ci sia nessuno che l'ascolti (o la legga!)»

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Ma tutto deve andare come da copione, in Longar-Corleone. Dal dicembre del 1964 qui è così: lo mise nero su bianco gente colle spalle ben più larghe delle mie, e in tempi non sospetti:

«E' quasi come in Sicilia, mi creda; a Longarone si configurano gli elementi tipici della mafia. Non è questione di partito 'A', o 'B'; c'è un determinato giro fatto di poche persone all'interno del quale non entra nessuno. Il potere è in mano a costoro, cinque o sei persone a Longarone, e poi qualche diramazione fuori, cioè altre persone nei posti giusti, perché un sistema del genere non può sopravvivere se non c'è corruzione».
Fonte: Giampaolo Pansa, sul Corriere della Sera del 9 ottobre 1973; sta riportato sul libro della Lucia Vastano. LIBRO CONSIGLIATISSIMO.

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